Esistono davvero gli angeli custodi?
C’è stata da poco la festa dei Santi Angeli Custodi (2 ottobre) Ricordo che da bambino se ne parlava molto, sia a casa che in chiesa ci dicevano di pregare il nostro angelo custode, di affidarsi a lui. Forse era anche un errore, perché sembrava che fosse una cosa a cui dovevano credere i bambini, come la Befana, ma che da grandi non ci si credeva più. Adesso mi sembra che sia passato di moda, nessuno ne parla più. Perché? È cambiato qualcosa nella dottrina o semplicemente è un argomento troppo lontano dalla sensibilità del mondo di oggi?
Non vi è, dunque, nulla di mutato nel contenuto della dottrina della Chiesa. È vero, però, come allude il nostro lettore, che siamo davanti ad un aspetto della dottrina di fede che non si coniuga facilmente con la sensibilità dei nostri tempi, facendo oscillare il pensiero fra una valutazione esagerata del ruolo degli angeli e un loro oblio quasi del tutto assoluto. Possiamo provare a trovare una posizione corretta partendo da quanto la Rivelazione ci trasmette.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi ricaviamo un punto fondamentale: «Cristo è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose, nei cieli e sopra la terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui». (Col 1,15s). Alla luce del primato assoluto di Cristo l’esistenza degli angeli (i nomi riportati sono proprio quelli delle schiere angeliche come venivano chiamate all’epoca) non è un contenuto centrale della Parola di Dio. Nella realtà della Rivelazione gli angeli non sono una presenza di primo piano, nemmeno nei confronti dell’uomo, perché l’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e posto come sacerdote del mondo (Genesi 1,26-28). La lettera agli Ebrei presenta il Figlio fatto uomo come «tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato» (Eb 1,4). Inoltre, nello stesso capitolo si afferma che gli angeli sono «tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati a servire coloro che erediteranno la salvezza» (Eb 1,14). Dalla Parola di Dio gli angeli sono presentati come servitori del disegno di Dio in favore dell’umanità.
Lo stesso nome «angelo» significa messaggero o ambasciatore, indicando proprio il loro compito fra Dio e gli uomini. Questa relazione appare chiara in tanti altri passi della Scrittura ed è importante sottolinearlo. Notiamo anche come nello sviluppo della Rivelazione, attraverso la successione storica dei libri della Scrittura, la concezione degli angeli si affina, se ne precisano i diversi compiti e si concretizzano alcune loro figure. I nomi più importanti sono quelli di Raffaele, Michele e Gabriele. Questi due ultimi compaiono anche nei libri del Nuovo Testamento: Gabriele nel racconto dell’annuncio a Maria (Lc 1), Michele è protagonista della lotta escatologica contro il drago (Ap 12,7). Raffaele, invece, compare nel libro di Tobia, per guidare Tobi nel suo viaggio, proprio come un vero angelo custode. La figura e la missione di Raffaele sono simili alla concezione cristiana dell’angelo custode. Dopo aver protetto Tobi durante il viaggio, Raffaele dice di essere «uno dei sette angeli che sono al servizio di Dio ed hanno accesso alla maestà del Signore» (Tobia 12,15).
L’idea che un angelo protegga il cammino per incarico di Dio era comune nella fede di Israele. Nel cammino attraverso il deserto, verso la terra promessa, Dio dice a Mosè: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, da’ ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’avversario dei tuoi avversari» (Es 23,20-22). Anche in questo brano il significato principale è nel rapporto fra Dio e l’uomo, Mosè e il popolo. La benedizione di Dio è legata all’ascolto della sua voce da parte di Mosè. L’angelo è un messaggero del Signore (il mio nome è in lui) che accompagna nel cammino verso la terra promessa.
Nel brano evangelico di Mt 18,1-10 Gesù presenta i bambini come simbolo per entrare nel regno dei cieli, ammonendo a non scandalizzare nessuno dei piccoli che credono in lui. E chiude con delle parole che riprendono sostanzialmente la fede d’Israele negli angeli: «Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli» (Mt 18,10). Da questa frase del Vangelo si è sviluppata la fede cristiana nell’angelo custode. Gli angeli sono segni reali della provvidenza di Dio verso l’umanità: «dall’infanzia fino all’ora della morte la vita umana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 336). In modo particolare, «ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita», come scriveva san Basilio magno, le cui parole sono riportate nello stesso numero del Catechismo. Possiamo concludere la nostra piccola riflessione, ricordando che la fede della Chiesa si trasmette in modo privilegiato anche nella liturgia. In ogni preghiera eucaristica troviamo quell’inno cantato dagli angeli, al quale ci uniamo, lodando Colui che è tre volte Santo, il Signore Dio dell’universo: in attesa della beata speranza, «fin da quaggiù la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio» (Catechismo, 336).