Come si manifestava Gesù dopo la risurrezione?
La fede cristiana, si sa, è basata sulla resurrezione: sul fatto storico che Gesù è morto e risorto. Questa certezza ci viene dalle testimonianze delle donne e degli uomini che hanno visto Gesù, hanno parlato con lui, mangiato con lui, lo hanno toccato… È importante quindi capire l’attendibilità di quei racconti. Mi piacerebbe sapere come si manifestava Gesù risorto, come appariva il suo corpo, quali sono i testimoni che hanno assistito a queste apparizioni… Non è possibile che siano state prodotte dalla «credulità» degli apostoli, o dal loro desiderio che Gesù fosse ancora vivo?
Massimo Cantini
La nostra fede sulla risurrezione del Signore si fonda su queste parole di san Paolo. Quello che l’apostolo scrive ai cristiani di Corinto, chiamando in causa anche di se stesso, è la sintesi di quello che i Vangeli descrivono con accenti e modi diversi ma uniti dalla stessa certezza: la piena verità delle manifestazioni di Gesù dopo la sua risurrezione, e non un bisogno dei discepoli di vedere confermate le promesse ricevute. Così nelle Scritture si ricorda la presenza di un vivente, e non di un fantasma. Lo dice il libro degli Atti, prima di raccontare l’ascensione: «si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, facendosi vedere loro» (Atti 1,3).
Il Vangelo di Matteo rammenta la manifestazione di Gesù a Maria di Magdala e all’altra Maria (Matteo 28,9) e la consegna da trasmettere ai discepoli di andare in Galilea (Mt 28,10): gli undici discepoli vanno effettivamente in Galilea, sul monte che Gesù ha indicato loro, e lo «vedono». Non c’è traccia alcuna di cedimento da parte dei discepoli, a quel progetto prima temuto, e poi costruito col denaro, del rapimento di un cadavere strappato ad una tomba, che aveva indotto precedentemente a mettere delle guardie, e quindi a pagare la menzogna di queste (Mt 27,64; 28,12-15). L’evangelista aggiunge invece che i discepoli, pur prostrati davanti a Gesù, hanno dubitato: hanno sperimentato che un essere vivente si trova davanti a loro, ma non hanno avuto da subito la certezza che fosse veramente «Gesù, il crocifisso» ora risorto.
Quando arrivano a Gerusalemme dagli Undici e gli altri discepoli, diventano i nuovi annunciatori della risurrezione: «davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone», come avevano poc’anzi raccontato a Gesù (Lc 24,24) prima di riconoscerlo nella loro casa nel villaggio di Emmaus. Finalmente anche agli Undici e agli altri discepoli si manifesta Gesù (Luca 24,36-43), ma ancora prevalgono terrore e spavento, che nemmeno le parole di lui («pace a voi») possono dissolvere.
Qui le tradizioni evangeliche sembrano risalire ad una stessa fonte, come testimonia il Vangelo di Giovanni, con le stesse parole e gli stessi gesti (Giovanni 20,19.21): «perché siete turbati e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io. Toccatemi e guardate; un fantasma (= uno spirito), non ha carne e ossa come vedete che io ho».
Il terrore diventa stupore e non ancora fede, ma l’evangelista risolve con un tocco geniale: Gesù che chiede da mangiare. Una porzione di pesce fritto (e del miele, secondo alcuni codici): è quello che dà la certezza della risurrezione. Così anche nel vangelo di Giovanni (21,1-14), troviamo Gesù sulla riva del mare di Tiberiade con del pesce sopra un fuoco di brace e del pane. I discepoli, tornati nuovamente a pescare dopo una notte senza risultato, riempiono la rete. Solo allora il discepolo amato da Gesù dice: «è il Signore». Gesù chiede un po’ del pesce pescato e distribuisce pane e pesci. Essi sanno che è lui ma di fatto non hanno il coraggio di chiederlo.
Se avessimo ancora tempo, dovremmo parlare anche delle altre manifestazioni raccontate da Giovanni – il vangelo di Marco è un caso a parte -, quella a Maria di Magdala, che vorrebbe «trattenere» Gesù, ossia continuare a poter toccare fisicamente il suo corpo. E, ancora, l’altra manifestazione ai discepoli, ai quali mostra le mani e il costato nel giorno della risurrezione, e anche otto giorni dopo a Tommaso.
In conclusione si tratta di avere davanti agli occhi e di entrare in contatto, anche fisicamente con un vivente, non uno spirito, o un fantasma. Gli stessi termini usati nei Vangeli parlano di «essere visbile, farsi vedere, diventare manifesto», non già semplicemente di un pallido «apparire». Ma Gesù, ritornato alla vita, appartiene definitivamente a qualcosa di diverso dalla nostra esperienza. Non è la bambina di Giairo, alla quale si porta da mangiare (Mc 5,43), o Lazzaro, ritornato alla vita: anch’Egli era morto, ma ora è vivo per sempre (Apocalisse 1,18).