Anche Gesù può definirsi «salvato»?
Durante una «lectio» sul brano dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, il relatore (un seminarista) propone una lettura del passo di Zaccaria secondo il testo masoretico (la versione ebraica della Bibbia ufficialmente in uso fra gli ebrei) e in particolare invece di tradurre: «Egli è giusto e vittorioso» traduce «Egli è giusto e salvato» scatenando le reazioni dei presenti , molti anch’essi seminaristi, per i quali il termine salvato mal si adatta a Gesù, Salvatore e non salvato. Consultando poi il libro «I profeti» del cardinale Gianfranco Ravasi si legge, relativamente allo stesso passo, «Egli (il Re Messia)… sarà salvato da Dio – come dice l’originale ebraico – cioè vittorioso». Potrebbe, per favore, spiegarmi come si concilia il termine originale salvato con Gesù Salvatore che certamente non ha bisogno di essere «salvato» da Dio?
Baldo Pipitone
Una seconda annotazione però è da fare. Il testo di Zaccaria 9,9-10 parla di un re ideale a venire, per il quale il popolo deve gioire, un re che assicurerà la pace tanto che non ci sarà più bisogno di armi e guerre. Le caratteristiche di tale re sono in qualche modo «divine», per questo la sua figura è in qualche modo messianica. L’indicazione di questa caratterizzazione «divina» è data dal classico binomio «giustizia e salvezza» che in altri testi profetici e nei salmi è attribuito a Dio stesso. Il re di cui parla Zaccaria è quindi espressione della giustizia e della salvezza di Dio che si riversano sulla sua missione. Per questo motivo sia le traduzioni antiche (quella greca «dei Settanta» e quella latina della «Volgata») che quelle moderne non hanno mai tradotto il verbo ebraico in questione (è un niphal del verbo salvare) con «salvato», ma con altre espressioni che indicano in lui il tramite della salvezza. La versione greca traduce con «che salva», la Volgata latina con «salvatore» e le traduzioni moderne con «vittorioso» oppure «che porta salvezza». Del resto tradurre «giusto e salvato» può essere letteralmente fedele al testo ebraico, ma poi occorre capire cosa significa «salvato», una espressione che può avere vari significati. È quello che hanno cercato di capire i vari traduttori nel corso della storia giungendo alla conclusione che significa in qualche modo «rivestito della salvezza di Dio».
Tuttavia il nostro lettore, al di là del brano in questione, pone una domanda estremamente interessante: Gesù è salvatore, ma si può dire anche salvato?
Quando noi parliamo di salvezza, intendiamo l’effetto e l’efficacia che ha su di noi la Pasqua di Cristo, cioè il suo atto di salvezza attraverso la sua morte e risurrezione. In effetti siamo «salvati» in Lui, tramite Lui, partecipando nel Battesimo e in tutti i sacramenti della sua morte e risurrezione e della vita nuova che ne è scaturita. Ma questa salvezza Gesù ce l’ha «guadagnata» vivendola personalmente, nel suo corpo, realmente morendo e risorgendo. In questo senso Gesù stesso è un «salvato», cioè è il primo che ha sperimentato la potenza di risurrezione dentro la morte. Non aveva bisogno di essere salvato dal peccato, ma dai suoi effetti invece sì, in particolare dalla corruzione della morte.
In questo senso si possono evocare alcuni testi del Nuovo Testamento. In At 2,24 Pietro afferma di Gesù: Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. In Eb 5,7 l’autore ci dice che Gesù nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte, e fu esaudito per il suo pieno abbandono. Fu esaudito non scampando la morte, ma con la risurrezione. Con tale significato e solo in questo, si può dire – a mio parere – che anche Gesù è un «salvato», anzi il primo dei «salvati», come dice San Paolo: il primogenito dei risorti dai morti (Col 1,18).