Cantate anno secondo
A parte il riutilizzo delle opere BWV 4, 80 e 249, tutte le cantate della seconda annata sono delle composizioni nuove appositamente realizzate per ciascuna delle domeniche preposte. Tranne qualche eccezione (come la BWV 20 che consta di ben 11 numeri), tutte le cantate si compongono generalmente di sei o sette numeri, i cui testi vengono fatti risalire a Henrici, Franck, qualche legame diretto con le Epistole o il Vangelo.
Superbo il senso della metafora biblica che si coglie dal trattamento musicale, delle immagini colte nella parola, che solo una mirabile scienza compositiva poteva arrivare a confezionare. Il primo brano è quasi sempre una elaborazione del cantus firmus affidato al coro, mentre il brano conclusivo è quasi sempre un corale a quattro parti, con o senza rivestimento strumentale, mentre le parti centrali sono un alternarsi di recitativi e arie. In sostanza, con la seconda annata delle cantate di Lipsia, Bach sviluppa in modo definitivo il modello della Choralkantate.
Bach si riallaccia al fondamento cardine della liturgia luterana, la predica; il sermone diventa il centro di tutto il culto, momento di riflessione ed esortazione: cioè la formazione del puro cristiano. Ma anche momento filosofico, letterario e musicale in cui la dottrina si fa arte: non di rado l’omelia trae origine dal testo di un corale. Siamo alla sublimazione della cantata evangelica che trova in questa seconda annata il suo culmine.