Dossier
Servizio civile, una scommessa per i giovani
Prima di tutto facciamo un po’ di chiarezza: che differenza c’è tra l’obiezione di coscienza e il servizio civile nazionale?
«L’obiezione di coscienza è il rifiuto del servizio militare armato, una scelta che comporta anche delle conseguenze, mentre l’adesione al servizio civile nazionale è l’adesione volontaria ad un servizio che non è incompatibile con qualsiasi altro tipo di opzione. Chi fa il servizio civile nazionale può benissimo in futuro arruolarsi come volontario nei carabinieri o nella polizia, o può avere la licenza di caccia».
Perché per il momento al servizio civile possono accedere solo le ragazze oppure i ragazzi non idonei alla leva?
«Perché in questo periodo transitorio fino al termine definitivo della leva, che avverrà il 1° gennaio 2005, convivono due normative: una che vale per i ragazzi che devono fare il servizio militare e possono scegliere l’obiezione di coscienza se non vogliono addestrarsi ad usare le armi, l’altra normativa invece riguarda le ragazze e i ragazzi militesenti, i quali non essendo obbligati alla naja, possono fare volontariamente questa esperienza di un anno nel servizio civile nazionale».
Il servizio civile nazionale ha bisogno di progetti di utilità sociale che provengano da enti pubblici e privati. Come sta andando su questo fronte?
«Siamo abbastanza soddisfatti. Intanto perché abbiamo raggiunto l’obiettivo di 9 mila volontari che ci eravamo prefissi per questo primo anno di applicazione della legge, e per il prossimo ne prevediamo 15 mila. E questo è stato possibile proprio perché gli enti hanno corrisposto alle nostre aspettative con progetti di livello che hanno avuto anche il riscontro dei giovani volontari».
Però con le regioni qualche problema c’è…
«Auspico che le regioni ritirino la loro opposizione al servizio civile nazionale, che vorrebbero regionalizzato. Una posizione che non condivido: anche nei paesi federali i corpi di pace sono nazionali, perché quando c’è un’emergenza va gestita sul piano nazionale. Tra l’altro già adesso quando c’è un progetto a carattere regionale sono le regioni stesse a gestirlo. Adesso la questione è nelle mani della Corte costituzionale dopo il ricorso del Trentino. Ma noi siamo assolutamente fiduciosi, anche perché il Parlamento l’ha detto chiaro: il dovere costituzionale della difesa della patria, può essere svolto o nelle forze armate o nel servizio civile nazionale».
In questi mesi abbiamo assistito alla prima campagna pubblicitaria per invogliare i giovani a scegliere il servizio civile: che riscontro avete avuto?
«È stato un grande successo perché più del 90% delle ragazze ha visto spot e inserzioni e le ha collegate con il servizio civile nazionale. Quindi il messaggio è arrivato. Quanto poi questo messaggio servirà ad incrementare le domande di quel 13% di ragazze che un sondaggio recente aveva registrato come interessate ad aderire (su 3 milioni di ragazze vuol dire un bacino di oltre 300 mila ragazze potenziali aderenti al servizio) lo vedremo nelle risposte che verranno ai prossimi bandi».
Non c’è il rischio che qualche ente utilizzi questi volontari piuttosto che assumere regolarmente?
«La legge 64 lo esclude esplicitamente. E sono stato molto attento anche per quanto riguarda il periodo residuo dell’obiezione di coscienza, a non assegnare obiettori e a non approvare progetti di servizio civile nazionale che corrispondano a mere funzioni burocratiche e amministrative».
Perché non è consentito ai giovani in servizio civile di mantenere piccoli impieghi anche a termine?
«Per la verità questo problema lo abbiamo già superato con la nuova circolare che prevede più elasticità e la possibilità piena, non solo di proseguire gli studi (perché non deve essere un anno perso neanche da questo punto di vista) ma anche di mantenere una serie di impegni purché non vadano a pregiudicare il servizio stesso».
In passato gli obiettori e gli enti convenzionati hanno lamentato la non grande disponibilità dell’apparato militare a gestire il servizio civile (grossi ritardi e assegnazioni, non rispondenti alle attitudini dei giovani, ritardi nei pagamenti ). Oggi che la gestione del servizio è sottratta ai militari la situazione è migliorata?
«Ho ereditato delle scelte che personalmente non condivido, per esempio quella di consentire la dispensa dall’obiezione con la semplice presentazione di una domanda di lavoro. È un fenomeno che ha creato danni enormi all’obiezione di coscienza e anche alla funzionalità degli enti, perché anche il giorno prima dell’assegnazione basta che il giovani mandi una raccomandata che dimostri che ha una proposta di lavoro e non solo non fa più il militare ma non fa più neanche l’obiezione di coscienza. Però è anche vero che ormai siamo ad un anno e mezzo dalla sospensione definitiva della leva obbligatoria e mi sembra fuori luogo andare a rivedere in maniera restrittiva una normativa che si applica ormai agli ultimi che faranno questa esperienza. Ormai il futuro è nel servizio civile nazionale».
Quali sono i rapporti della nuova struttura nazionale del servizio civile con gli enti, in particolare con la Caritas?
«Quando mi è stata assegnata la delega mi sono riproposto un metodo di lavoro che in questo anno ho sempre seguito: tutte le decisioni, giuste o sbagliate che siano, le ho sempre concordate con gli enti, sedendosi attorno ad un tavolo».
Con l’abolizione della naja, scomparirà definitivamente anche l’«obiezione di coscienza». Come recuperare le istanze etiche che questa comportava?
«In forma diversa. Nel senso che ognuno è poi libero di coltivare istanze, vocazioni, orientamenti. Gli enti hanno chiesto al Capo dello Stato di poter sfilare il 2 giugno, nella festa della Repubblica, assieme alle forze armate: è il superamento di una frattura che c’era tra obiettori e forze armate. Cresce la consapevolezza che uno stato democratico come non può fare a meno delle forze armate, non può fare a meno di quelle non armate perché ognuno svolge un suo ruolo fondamentale. Lo svolgono i quasi dieci mila nostri militari che sono in Kosovo, in Albania o in Afghanistan in missioni di pace, lo svolgeranno i ragazzi e le ragazze del servizio civile nazionale in Italia e anche all’estero, andando a svolgere funzioni di ricostruzione che sono altrettanto importanti».
Inizialmente si ipotizzava la fine della naja per il 2007. Adesso si parla del 1° gennaio 2005. È già deciso?
«Al 90%. Quando un istituto sta arrivando alla sua conclusione i problemi di gestione sono sempre più complicati. Chi parte oggi si chiede, ma perché devo andare a fare il militare se tra un anno non sarà più obbligatorio? Dopo di che bisogna anche dire che i militari non sanno più cosa farsene dei ragazzi di leva».
Ma con questo anticipo non c’è il rischio che gli enti che avevano assegnati obiettori si trovino in grosse difficoltà?
«Ho un programma ambizioso: quello di arrivare a sostituire progressivamente i circa 60 mila obiettori attualmente impiegati nei vari enti con i volontari del servizio civile nazionale».
Ce le farete in un anno e mezzo?
«Oggi siamo a 9 mila, presto saranno 15 mila: l’idea è di fare crescere questo strumento fino ad arrivare a sostituire tutti gli obiettori. Tenga conto però che fino al 2005 il nostro bacino d’utenza è quasi esclusivamente femminile».
Servizio civile, istruzione per l’uso