Dossier

Vita da scout. Riparte da Siena il cammino dei capi educatori

Sono state due giornate all’insegna dell’impegno ma anche dell’allegria. Lo scorso fine settimana (2 e 3 ottobre) mille capi scout toscani si sono riuniti per il loro convegno regionale alla Basilica dell’Osservanza, poco fuori dal centro di Siena. L’ultimo incontro regionale si era tenuto tre anni fa a Massa Carrara.

Nel corso della due giorni si sono affrontati argomenti educativi, come la coerenza e la testimonianza dei valori, ma si è anche vissuto un momento forte di amicizia, perchè nel mondo scout si cerca sempre di far passare i concetti da una effettiva comunione di vita e da una fraternità non «professionale».

L’Agesci si rivolge a ragazzi e ragazze e per valorizzare ambedue i patrimoni «di genere» ha una dirigenza «doppia» ad ogni livello: quindi anche i responsabili regionali sono due, un maschio e una femmina. Ad essi chiediamo cosa è emerso durante il convegno.

Lucilla Botti, giovane avvocato che vive a Cecina e che fa la scout dall’età di 8 anni, sottolinea che «si è discusso sulla necessità che ha l’Agesci di ripensare se stessa per essere ancora comprensibile alle generazioni odierne di ragazzi, dato il velocissimo cambiamento dei linguaggi e dei registri comunicativi. Una grossa scommessa sarà trovare un equilibrio tra nuove tecnologie e tradizionali tecniche scout».

E infatti al convegno questo sforzo di leggere i segni dei tempi era evidentissimo in ogni angolo. Addirittura è stata predisposta un mostra per raccontare il mondo giovanile ed adolescenziale non solo con parole dette o scritte ma attraverso quei registri comunicativi che oggi i ragazzi più spesso usano: la musica, le immagini, gli audiovisi, i computer e quant’altro.

Anche le nuove tecnologie sono pane quotidiano tra gli scout perchè oramai la maggior parte delle comunicazioni avviene attraverso i siti e le email. Anzi, una certa abitudine culturale a vivere la novità (scout è l’abbreviazione di boy scout e significa «esploratore») ha portato questo mondo a giocarsi prima di altri sulla frontiera delle nuove tecnologie.

A tenere la relazione introduttiva è stato invitato mons. Domenico Sigalini, vice-assistente dell’Azione Cattolica, che ha sottolineato la diversità del modo di comunicare tra i ragazzi e la sua assoluta maggiore velocità. Non tenerne conto significherebbe autocondannarsi a non farsi capire.Marco Barni, 46 anni, imprenditore di Prato e responsabile regionale maschile, precisa anche che «occorre sempre di più mantenere in collegamento la proposta, che deve restare fedele ai principi, ed il linguaggio che invece deve continuamente ed intelligentemente aggiornarsi. Per noi in questo momento interessarsi di pace, ambiente o di non violenza significa “stare” sui valori che più di tutto interessano i ragazzi oggi».

Il momento assembleare ha approvato le linee guida del progetto regionale del prossimo triennio, gettando così le basi e i contenuti per le attività educative da realizzare nelle singole realtà.

Dalla discussione è emersa forte la volontà di prestare sempre più attenzione, all’interno dell’associazione toscana, alla formazione permanente dei capi educatori, con l’intenzione di formare e seguire continuamente la crescita dei capi, che in gran parte, per la loro giovane età, vivono ancora tutte le incertezze del momento presente.

L’assemblea dei capi ha inoltre ribadito la voglia di stare fortemente dentro la Chiesa e la volontà di attingere con forza maggiore all’originalità del messaggio della Scrittura: i capi hanno infatti chiesto di organizzare momenti per conoscere meglio la Parola e per saperla meglio annunciare.

Sempre presente nei capi riuniti è la preoccupazione sulla pace e la volontà di occuparsene ed educare ad essa, particolarmente in un momento storico come l’attuale.Di fronte a questi temi nessuna associazione può pensare, oggigiorno, di essere autosufficiente: il dibattito ha affermato la necessità e la voglia di fare rete con le altre realtà associative e quindi di aprire i propri «tesori» cercando contemporaneamente di attingere a quelli degli altri.

Durante il convegno si è avuto anche l’occasione di ribadire che l’Agesci è impegnata soprattutto sul versante della qualità del proprio servizio, senza perseguire, a tutti i costi, l’allargamento quantitativo (si veda la questione delle «liste di attesa»), pur celebrando l’apertura del centesimo gruppo in Toscana.

E questa qualità la si persegue con la formazione dei capi e con l’interrogarsi continuo su chi sono i ragazzi di oggi e come si può farli crescere liberi e felici, tenedo sempre di vista l’obiettivo di «lasciare il mondo un po’ migliore di come lo si è trovato», come diceva il fondatore dello scoutismo Robert Baden Powell oramai quasi un secolo fa.M. B. Il 23 ottobre dal papaSaranno davvero in tanti, il prossimo 23 ottobre, a festeggiare insieme al Papa in piazza San Pietro il trentennale dell’Agesci. Sono passati 30 anni (1974-2004) da quei giorni in cui le due associazioni Agi (Associazione guide italiane) e Asci (Associazione scout cattolici italiani) si lanciarono in una nuova sfida per stare al passo coi tempi: la coeducazione. Nacque così l’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani), con lo scopo di educare i giovani attraverso lo scoutismo, metodo educativo inventato da Robert Baden-Powell attorno al 1907. La storiaMa come è nato lo scoutismo in Italia e in Toscana e quale è stato il percorso che portò alla nascita dell’Agesci? Ecco qui un po’ di tappe significative…

• 1910 – A Bagni di Lucca nascono i Rei (Ragazzi esploratori italiani), per volere del barone inglese Sir Francis Vane.

• 1912 – Gli esperimenti si ripeterono un po’ dappertutto, ma la prima vera organizzazione con riconoscimento internazionale fu il Cngei (Corpo nazionale dei giovani esploratori italiani e Unione nazionale delle giovinette esploratrici), fondato nell’ottobre del 1912. È un’associazione a cui possono aderire ragazzi e ragazze di qualsiasi religione.

• 1916 – Nasce l’Asci, dal metodo fortemente simile a quello del Cngei, ma di ispirazione cattolica. Le due associazioni si svilupparono progressivamente finché non incapparono negli ostacoli del fascismo, che non ammetteva esperienze educative non controllate dal proprio partito.

• 1927 – Dal 1927, una serie di decreti governativi sempre più duri contro lo scautismo costrinse con la forza le associazioni a sciogliersi. Nel 1927 si sciolse il Cngei.

• 1928-1943 – Nel 1928 anche l’Asci viene sciolta su invito del Pontefice Pio XI; comincia così la «Giungla silente», il perdurare cioè di unità clandestine, alcune delle quali hanno il coraggio di restare fino alla Liberazione diventando, negli ultimi anni, luoghi di resistenza attiva: proprio in Toscana si manifestano alcuni di questi importanti tentativi (Firenze, Pisa, Livorno).

• 1944 – Viene fondata l’Agi (Associazione guide italiane).Con gli anni cinquanta, lo scautismo riprese vita: in ogni città si rispolverarono le vecchie uniformi, molti gruppi scout ricominciarono a fare uscite e campi, ma soprattutto nacque una miriade di nuovi gruppi. Tutte le diverse associazioni conobbero una ripresa costante.

• 1974 – Arriva a compimento il cammino di fusione dei due rami cattolici dello scoutismo italiano, lento e non privo di riserve e ostacoli, dovuto in buona parte alle diverse esperienze storiche maturate dalle due organizzazioni giovanili. Il 4 maggio, durante il Consiglio generale congiunto Agi-Asci, si approva la mozione di fusione in Agesci.

• 1976 – I capi più tradizionalisti si staccano e firmano a Roma la nascita dell’Associazione italiana guide e scout d’Europa cattolici, aderendo al grande progetto della Federazione dello scoutismo europeo (Fse).

Il metodoLo scoutismo è un metodo educativo nato dagli scritti e dalle intuizioni pedagogiche di Robert Baden-Powell. L’obiettivo del metodo scout è sviluppare le capacità globali di ogni ragazzo e ragazza in primo luogo educando al senso critico, cioè a saper distinguere il bello dal brutto, l’utile dall’inutile, il necessario dal superfluo per scegliere ciò che è giusto e respingere ciò che è sbagliato.In secondo luogo è un’educazione ai valori fondamentali dell’uomo, come patrimonio inalienabile della persona. In questo processo educativo il fine da raggiungere non può mai giustificare i mezzi utilizzati.

La metodologia applicata all’interno dell’associazione non è basata su lezioni teoriche, ma con lo strumento dell’imparare facendo, attraverso esperienze concrete come la vita nei boschi, la cucina al campo, la manualità, l’uso degli attrezzi, il canto, l’espressione teatrale, lo sport, la conoscenza della natura, la competenza tecnica, la catechesi vissuta nelle attività pratiche, il servizio al prossimo, il gioco ecc.

Il metodo scout è proposto ai ragazzi attraverso educatori (capi scout) riuniti in comunità (le Comunità Capi).

I ragazzi iniziano il cammino scout all’età di 8 anni, nel gruppo dei LUPETTI E COCCINELLE. Lì stanno fino a 12 anni e dopo passano negli ESPLORATORI-GUIDE, fino ai 16 anni.

A quel punto diventano ROVER-SCOLTE e continuano il percorso fino a 20 anni, quando la «partenza» sancisce la fine del cammino e la presa d’impegno di continuare a mettere in pratica le scelte di servizio e di fede nella vita. Alcuni, dopo i 20 anni, scelgono di diventare capi educatori e cioè di cominciare ad educare loro i più piccoli col metodo scout.

Prime di essere capi a tutti gli effetti le persone devono svolgere un iter di formazione, consistente in due campi scuola di una settimana (il primo regionale e il secondo nazionale) e in un periodo di tirocinio presso il proprio gruppo.

Poi possono chiedere la nomina internazionale a capo scout, visibilmente sancita dal foulard rosa chiaro che tutti i capi scout del mondo portano al collo quando sono in divisa e dai due pezzetti di legno simbolo del primo bivacco che il fondatore Baden Powell accese al primo campo scout del mondo nell’isola di Brownsea.

Gli scout sono raggruppati in Gruppi, uno per parrocchia o quartiere, di circa 100 ragazzi l’uno e che raccolgono tutti i tre archi di età.

Questi gruppi sono caratterizzati sul territorio dalle Zone (provincie) che fanno poi capo alla regione e ad una organizzazione nazionale.

La sede regionale è a Firenze in via De’ Pucci, 2 e quella nazionale a Roma in piazza Pasquale Paoli.

La scheda• Le cifre – L’Agesci (Guide e scout cattolici italiani) è la principale associazione degli scout italiani. Riunisce circa 180 mila giovani. In Toscana gli scout Agesci sono oltre 9 mila tra capi e ragazzi.

• Lo scopo – Lo scopo dell’Agesci è fare educazione con il metodo scout. Tale obiettivo viene perseguito esclusivamente con educatori volontari: giovani (e meno giovani) che utilizzano gran parte del loro tempo per dedicarsi ai più piccoli e supportare le famiglie in modo a volte davvero significativo. E nella stessa associazione troviamo sia i capi educatori, cioè gli animatori dei gruppi, sia i ragazzi, cioè coloro che il cammino scout lo stanno percorrendo da «fruitori».

• I convegni – I capi periodicamente si ritrovano tutti insieme, a livello regionale, per analizzare il cammino fatto nell’ultimo triennio e progettare le mete future. Sono i «convegni», che diventano occasione importante per una lettura della realtà giovanile, dentro e fuori il mondo cattolico: gli scout infatti riescono ad attrarre ragazzi anche fuori dai consueti circuiti parrocchiali e delle associazioni ecclesiali tradizionali.

Il sito dell’Agesci

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