Caro Direttore,a volte una vignetta può valere più di mille prediche. Quella che le mando l’ho trovata in un vecchio giornalino, forse addirittura una «Settimana enigmistica», ma a me ha dato tante risposte, così che ho pensato di riproporla alla Messa di Ringraziamento nella mia parrocchia e, oggi, ai nostri lettori.Una vignetta che vale un milione di prediche, specialmente se a parlare è quel confratello che usa come pulpito spesso a sproposito una nota radio cattolica molto seguita, specialmente da gente semplice ed anziana. La devo proprio smettere di accendere quell’emittente quando vado in macchina: non sono un teologo, ma basta la mia poca cultura religiosa per sentirmi accapponare la pelle di fronte a certi sfondoni teologici. L’ultimo che ho sentito è veramente raccapricciante: il maremoto nel sud est asiatico l’avrebbe mandato la Madonna di Medjugorie come monito contro il turismo sessuale che imperversa in quelle zone… La Madonna che manda i maremoti? Ma che religione è questa? In che Dio crede quello là? Nel Dio incarnato che muore per amore su una croce o in Giove pluvio che scaglia fulmini per puro capriccio?Dio non ha bisogno di essere difeso, ma di fronte ad un’immagine della divinità che ancora purtroppo circola fra i fedeli e, purtroppo, anche fra i pastori, ritengo utile riflettere su quelle parole che un vignettista burlone mette sulle labbra di Dio: «… Il sole e i venti freschi li danno per scontati, ma i terremoti e gli uragani li chiamano punizioni di Dio». Con buona pace dei profeti di sventura mediatici.don Mariano LandiniAlbinia (Gr)Caro Direttore,la terra si è nuovamente scossa. E tutti si chiedono quale significato possa avere questo scuotimento che ha provocato un disastro di proporzioni inimmaginabili. Qualcuno pensa alla «vendetta» di Dio per gli errori degli uomini. Qualche altro aggiunge che sono gli uomini la causa della loro stessa rovina, con i loro comportamenti sconsiderati. Io ritengo invece che Dio non ha alcuna responsabilità sugli eventi naturali, che seguono il loro corso, com’è regolarmente avvenuto dai tempi più antichi. Il nostro pianeta è sottoposto a continui assestamenti ogni tanto, qui o lì, si verificano fenomeni catastrofici che bisogna guardare nella loro causa specifica, senza risalire a «cause prime». L’uomo deve essere preparato a vedere la rovina del mondo con una salutare e preventiva disponibilità ad accettare la fatalità naturale. Capisco la terribilità dell’evento quando colpisce soprattutto i più indifesi: i bambini, i vecchi, i poveri. Ma non si può chiamare in causa Dio, la cui funzione è solo quella di imprimere coraggio alla condizione umana e di fornire valori positivi all’agire per superare tutte le difficoltà. Fa bene perciò la Chiesa a predicare l’amore e a dare l’esempio della solidarietà verso le popolazioni colpite. Questo sì può e si deve fare, anche da parte laica. Il resto è nelle mani della Natura, la quale svolge il suo ruolo secondo le sue leggi. Giacomo Leopardi, prima di ogni altro intellettuale moderno, l’aveva già compreso e ha teorizzato lo spirito di fratellanza universale come unico rimedio alle avversità naturali. All’uomo di tutte le latitudini e non solo a quello occidentale è assegnato il compito di conservare questo «orticello» che è la terra e di non credere ad una sua impossibile onnipotenza. La natura umana è piccola e fragile e basta un soffio di vento per trasformarla in macerie. Un terremoto è fenomeno troppo imponente per essere tollerato, ma è sufficiente a far comprendere la miseria intellettuale dell’uomo, la cui salvezza sta solo nella vita morale spesa nella semplicità e nella solidarietà.Nicola CostantinoMassa (Ms)Caro Direttore,sono un giovane credente. Nei giorni seguenti la tragedia in Asia nei mass media è stata più volte ripetuta la frase: «Dov’era Dio?» Anch’io mi sono posto delle domande e ho trovato anche delle risposte. La terra è un pianeta vivo, quindi ci saranno sempre eventi come terremoti, eruzioni di vulcani ecc. La natura fa il suo corso. Dio ci ha creati in libertà e ci ha dato il dominio sul mondo e sulla natura.Di fronte a questa tragedia mi chiedo: perché in Alaska si è riusciti ad evitare una catastrofe simile? Perché in Asia e in Somalia non si è riusciti a dare l’allarme in tempo? E perché in questi paesi ci sono turisti e poveri abitanti?Ciro Rossitooday1@yahoo.itLe vostre lettere, cari amici, pur da angolazioni diverse, ben rappresentano i sentimenti diffusi e le domande che sorgono di fronte al dramma che ha coinvolto popoli interi.Perché tutto questo? La scienza certo ci spiega le cause di questi fenomeni naturali e ci dice anche che apparecchiature all’avanguardia di cui quei Paesi sono colpevolmente privi possono limitarne le conseguenze, ma gli interrogativi che ci prendono dentro cercano spiegazioni più alte, che investono il perché della sofferenza, quella che, colpendo alla cieca singoli e popoli, ci mette a prova e come credenti ci costringe a verificarci con verità sullo spessore della nostra fede per rimotivarla e, per certi aspetti, risceglierla. È un percorso faticoso e molti di noi lo hanno fatto in questo tempo di Natale che per procedere diritto ha bisogno di una luce che per il cristiano è la Parola di Dio, soprattutto l’ultima e definitiva che è Gesù.Il soffrire è certamente legato al male che è entrato ed è presente nel mondo a causa del peccato, anche se non può essere considerato una punizione di Dio in un rapporto stretto tra colpa e sventure varie che tra l’altro non spiegherebbe il tanto dolore innocente.Le parole di Gesù di fronte a due tragedie del suo tempo l’uccisione dei ribelli da parte di Pilato e il crollo della torre di Siloe sono inequivocabili. Per questo bisogna dire con chiarezza che affermazioni come quella che riporta don Mariano, da qualunque pulpito vengano, schiacciano i sofferenti e velano il vero volto di Dio. Il perché del soffrire resta per l’uomo fondamentalmente un mistero. Gesù stesso non lo spiega né lo chiarisce del tutto; fa qualcosa di più: lo assume, lo fa suo e con la sua croce e resurrezione getta una luce nuova, che è luce di salvezza, su ogni sofferenza umana che può diventare occasione di redenzione. Certo, la drammaticità resta tutta, ma la sofferenza perde per il cristiano quel carico di assurdo e quel senso di inutilità che la rende tanto pesante.Ma la tragedia del Sud-est asiatico è per noi anche un forte monito che mette in crisi le nostre sicurezze e spinge a rivedere stili di vita tanto lontani dal Vangelo, soprattutto se mettiamo a confronto la miseria e la fatica degli abitanti di quei «paradisi» con la spensieratezza dei ricchi turisti che spesso cercano là emozioni forti. In quest’ottica la grande solidarietà di questi giorni è quasi un risarcimento dovuto a popolazioni verso le quali noi, ricco Occidente, non siamo senza colpa.