Caro Direttore,lo strappo che si è consumato lo scorso 20 maggio nell’assemblea federale della Margherita ci fa riflettere e ci desta non poche preoccupazioni, sia che faccia parte di una strategia politica o tattica, sia che voglia manifestare una vera esigenza identitaria. Apprezziamo lo spirito democratico che ha animato la discussione, ma riteniamo che per una decisione di così vitale importanza, non solo per il nostro partito, ma per l’intera coalizione di centrosinistra, ci sarebbe stato bisogno di un maggior confronto ad intra, tra la base, e un periodo più lungo di tempo, per maturare una decisione più condivisa e più ponderata. La Margherita è nata nell’Ulivo e per l’Ulivo; ha l’Ulivo nel suo dna. I nostri elettori ci chiedono unità, unità, unità! L’hanno invocata per tanto, troppo tempo, a partire da quel fatidico e travagliato Ottobre 1998, quando il governo Prodi cadde. L’hanno finalmente ottenuta alle elezioni europee del 2004 quando, su suggerimento di Romano Prodi, le forze riformiste del centrosinistra si sono presentate con la lista «Uniti nell’Ulivo». Alle scorse elezioni regionali, nella maggior parte delle regioni, «Uniti nell’Ulivo» ha registrato un successo strepitoso: nel nostro Comune abbiamo ottenuto ben il 46,99% dell’elettorato. Non possiamo chiedere agli elettori di non sbarrare sulla scheda elettorale delle politiche del 2006 il simbolo dell’Ulivo che, per due volte, ultimamente, abbiamo sollecitato a fare, e con successo!Non andare alle elezioni politiche con la lista «Uniti nell’Ulivo» significherebbe rinunciare a un patrimonio già acquisito, premiato dagli elettori, compresi quelli della Margherita. Il nostro Paese ha bisogno di stabilità, e quindi anche di un Ulivo che continua a crescere. Coordinamento comunale «La Margherita» – Porcari (Lu)La decisione della Margherita di presentarsi, nella quota proporzionale, col proprio simbolo alle politiche del 2006 accentua «le convulsioni della politica italiana», che indicano un malessere diffuso in ambedue gli schieramenti. È vero infatti, cari amici di Porcari, che «il nostro Paese ha bisogno di stabilità», ma questa presuppone un’unità di intenti, senza la quale nessun schieramento può efficacemente governare.Per questo, in vista delle prossime elezioni, emerge forte sia nel centro-destra che nel centro-sinistra la volontà-necessità di giungere ad una «casa comune», se possibile, o almeno ad una federazione di partiti per presentarsi agli elettori con un programma condiviso e vincolante.Questo percorso, per molti aspetti obbligato, è però reso difficile (o impossibile?) dal nostro bipolarismo imperfetto, che è la vera anomalia italiana. I 19 partiti e partitini (tanti se ne contano in Italia!) hanno dato vita a due aggregazioni in ognuna delle quali però ciascun partito tende a distinguersi e a caratterizzarsi per non perdere la propria identità, non esser fagocitato dagli alleati più forti e conquistare il massimo di consenso da far pesare al momento opportuno. In quest’ottica la decisione di Rutelli ha una sua «logica» che è del resto speculare alla sostanziale contrarietà di alcune forze del centro-destra verso il partito unico vagheggiato da Berlusconi. E così la coalizione vincente qualunque sia proprio per questa disomogeneità che porta conflittualità al suo interno è costretta ad una continua mediazione che la indebolisce e di fatto la paralizza nell’azione di governo.Come uscire da questa difficoltà tutta italiana? Non è certo nostro compito indicare soluzioni. Forse però è tempo come pensano alcuni politologi di non considerare eterno l’attuale assetto politico, magari rivedendo il diffuso apriorismo contro il metodo elettorale proporzionale, guardando più al modello tedesco che a quello in vigore nei Paesi anglosassoni.