Caro Direttore,tanto si è discusso a proposito delle radici cristiane dell’Europa, prima, durante e dopo la stesura della Costituzione europea. A nulla valsero i richiami di Giovanni Paolo II, e oggi in tanti (compreso il sottoscritto) non si riconoscono in questa tanto agognata Europa Unita. Il dubbio che ultimamente mi è venuto è il seguente: sarebbe bastato un semplice accenno alle radici cristiane per farci sentire tutti più felici e contenti?Il libro «Contro il Cristianesimo» di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia (con appendici a cura di Assuntina Morresi), edito da Piemme, mi è venuto in soccorso. No, non sarebbe bastato. Nel libro, documentato molto dettagliatamente, si evidenzia come l’Unione Europea (e con essa l’Onu) stia conducendo una vera e propria guerra contro la cultura e la dottrina cristiana, nell’intento di imporsi come nuova ideologia dominante, soprattutto a proposito delle politiche demografiche e della libertà religiosa.A questo punto mi domando (e le domando) se sia possibile meravigliarsi del mancato inserimento delle radici cristiane nella Costituzione e se ci siano ancora i presupposti per noi cristiani per riconoscerci in questa Europa.Lorenzo SchoepflinArezzoUnità europea resta un grande progetto e rappresenta indubbiamente il futuro. Per questo, caro Schoepflin, nonostante le delusioni non possiamo disinteressarcene, anche, e soprattutto, perché l’idea meglio l’ideale di un’Europa unita, solidale, propositiva, che promuovesse la pace e la prosperità tra popoli per tanti secoli divisi e spesso nemici, fu pensata, perseguita e faticosamente iniziata da grandi Statisti come De Gasperi, Adenauer, Schuman, che erano leader di partiti di ispirazione cristiana, ma soprattutto credenti rigorosi e coerenti, per due dei quali è in corso il processo di beatificazione.Certo, l’Unità europea che si è via via realizzata ci appare più come l’Europa dei mercati, delle burocrazie, spesso agnostica in ordine ai valori, cioè un’Europa che ha smarrito le sue radici.Proprio per questo però i cristiani, più che ritirarsi delusi, sono chiamati ad un rinnovato impegno ai vari livelli. E indicazioni preziose emergono, a mio giudizio, da un intervento, fatto a Cracovia il 9 settembre, da mons. Giovanni Lajolo, sostituto della Segreteria di Stato per i rapporti con gli Stati, nel corso di una conferenza dal titolo: «Il ruolo della Chiesa e dei cristiani nel futuro dell’Europa». Si riconosce che a livello europeo il contributo dei cristiani si scontra troppe volte col politicamente corretto e non trova quell’ascolto che meriterebbe. Eppure i cristiani credenti, nelle loro varie denominazioni, sono pur sempre una componente fondamentale. Per ritrovare capacità propositiva si indicano tre piste: la competenza, l’umile fierezza delle proprie ragioni, l’intraprendenza. Sono caratteristiche che i cristiani presenti nelle varie istituzioni europee devono riscoprire o potenziare. E su questo vanno valutati anche al momento del voto.