Lettere in redazione

La scuola tra internet e strafalcioni

Caro Direttore,so che a lungo hai lavorato nella scuola. Che effetto ti fa sentire una giornalista annunciare al Tg2 delle 13 nel giugno scorso che uno dei temi della maturità verteva sulla figura della Cacciaguida?

Tempo fa una neo-maestra elementare ha partecipato al quiz televisivo del simpatico Scotti. Le è stato chiesto l’autore de «Le mie prigioni». Fra le risposte, oltre al nome di Pellico, figuravano quello di Edmondo De Amicis, di Fogazzaro e di altri. La maestrina ha dichiarato il suo imbarazzo: non conosceva quel testo e, quanto a De Amicis, non ne aveva mai sentito parlare.

Una giovane laureata in architettura, sempre ad un quiz, si è sentita chiedere in quale regione si trovi il santuario di Santa Rita da Cascia. La signora ha messo le mani avanti: «Non sono religiosa» poi ha posto Cascia in Campania.Questi tre esempi sono il prodotto di quanto è avvenuto nella scuola italiana negli ultimi venti anni e con le riforme in corso le cose andranno sempre peggio, all’insegna di una ipertecnologizzazione che copre un pressappochismo dilagante, condito da tanta ignoranza e dalla supponenza di chi si sente al passo con un’Europa che, in questo caso, aveva molto da imparare dal nostro sistema scolastico.Lettera firmataSiena I casi citati – ma se ne potrebbe aggiungere molti altri – sembrano inventati per farci sorridere. Sorridiamo un po’ meno, se si pensa che si riferiscono a diplomati o addirittura a laureati. Sono casi isolati oppure sono indice di un abbassamento del livello culturale medio che chiama in causa la nostra scuola? Non è facile rispondere. Persone, anche se dicenti acculturate, che infiorettano il loro parlare di strafalcioni, ci sono sempre state e alcuni scrittori si sono divertiti a descrivere la loro ignoranza presuntuosa. Penso a qualche gustosa pagina di Renato Fucini, nella speranza che nessun toscano verace si chieda: «chi era costui?» In questa lettera però si attribuisce il degrado culturale «alla ipertecnologizzazione della nostra scuola». È un’affermazione che fa riflettere e pone interrogativi. Noi viviamo in una società che è – e lo sarà sempre più – tecnologica. Questo impone alla scuola di tenerne conto e di fornire quegli strumenti che consentano ai ragazzi di ben inserirvisi, anche in vista degli sbocchi lavorativi. È quindi positivo per esempio lo studio di una lingua straniera fin dalle elementari e l’uso serio del computer.Questo però non può avvenire a scapito né del vecchio «leggere, scrivere e far di conto» né di quella cultura che è propria di un popolo e delle sue tradizioni.Si tratta in fondo per la scuola di essere, più che nel passato, «ponte e memoria»: preparare le giovani generazioni al futuro, senza recidere le loro radici storiche, culturali, spirituali.