Lettere in redazione
«Loveline», recensione troppo esplicita
L’impostazione che è stata data alla trasmissione, ci pare voglia nascondere, sotto la scusa dell’educazione sessuale e di conoscenze anche scientifiche, un messaggio che è quello di soddisfare il proprio piacere sempre e comunque, salvo poi lasciare il proprio partner una volta appagati.
In un’ora sponsorizzata da una marca di assorbenti e interrotta per quasi 20 minuti da spot ingozza ragazzi passano molte situazioni, gestite da Camilla con buona efficacia comunicativa. C’è il cartoon «le avventurine di pene e vagina» dedicato a come si mette il preservativo («attenti, il pene deve essere eretto»). Ma il piatto forte sono le domande: è normale il feticismo? Come viene ricostruito l’organo genitale di un uomo diventato donna? Che deve fare una ragazza se il ragazzo le chiede di depilarsi «la patatina»?
Può dispiacere, può ferire: ma una fascia di giovani compresi, con forte probabilità, papa boys o papa girls l’educazione sessuale la riceve così. In famiglia non se ne parla, a scuola se ne parla poco, in parrocchia figuriamoci. D’altronde Loveline, pagata dal rossetto a due fasi («l’unico che resiste a una cena romantica e non solo»), forse non è tutto da buttare.
Genitori, insegnanti, catechisti farebbero bene a guardarlo. Per criticare qualcosa, ma anche per assumerne qualche altra: esempio la efficacia nella comunicazione. E per aggiungerne ancora una, assai più grande, per giovani insicuri e in cerca di valori: la proposta, rivoluzionaria, di un amore non consumistico e ispirato alla voglia, controcorrente, di resistere nel tempo.
Sarebbe bello, in Loveline e dintorni, accanto alla sessuologa e al bel tenebroso, trovarci anche una suora, un prete, oppure meglio , un ragazzo o una ragazza capaci di raccontare il fascino antico di un amore che abbia voglia di durare. Almeno più di uno spot.