Caro Direttore,in questi ultini tempi si avverte la pressione, soprattutto mediatica, contro le presunte «ingerenze» della Chiesa nella vita pubblica. Tutto ciò non ci deve meravigliare. Credo che la Chiesa, come ci ha ricordato qualcuno, continui a fare quello che ha sempre fatto da 2000 anni, sull’esempio del suo fondatore che ha sfidato la morte in croce e su quello di molti martiri che lo hanno seguito fino al terribile secolo XX dominato dalle degenerazioni anticristiane del pensiero moderno, dal nazismo al comunismo.Recentemente Benedetto XVI ha beatificato il vescovo tedesco Clemens Von Galen che fu perseguitato dal nazismo per esseresi schierato contro le leggi razziali e la soppressione degli esseri umani «non produttivi». Ebbene anche questa posizione fu considerata una ingerenza nella vita pubblica di allora.Fabio HegartE’ vero, caro Hegart, in questi ultimi tempi si mette in discussione al di là di singole prese di posizione il fatto stesso che la Chiesa possa intervenire su questioni che esulino dall’ambito strettamente «spirituale». Ogni intervento in ambito sociale sarebbe «ingerenza» in quanto esulerebbe dalla sua missione. Ribattere polemicamente magari evidenziando che non tutte le «ingerenze» sono sgradite serve a poco. Serve piuttosto affrontare il problema secondo dottrina, anche perché il dibattito è presente nel nostro stesso mondo.Il secondo capitolo del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, che affronta appunto questo tema, ci aiuta a far chiarezza. «La missione propria che Cristo ha affidato alla Sua Chiesa non è d’ordine politico, economico o sociale: il fine che le ha prefisso è di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa che ha al centro l’uomo derivano un compito, una luce e delle forze che possono servire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina».Suo compito è quindi anche «fecondare e fermentare la società stessa con il Vangelo: per questa ragione la Chiesa non è indifferente a tutto ciò che nella società si sceglie, si produce, si vive, perché spesso la convivenza sociale determina la qualità della vita».La Chiesa quindi ha il diritto-dovere di parlare e spesso è ed è stata voce profetica e controcorrente.E lo fa principalmente e in forma autorevole attraverso la «dottrina sociale che è parte integrante del ministero di evangelizzazione» e che rappresenta un orientamento forte, una sottolineatura di valori irrinunciabili che attengono tutti, in ultima analisi, alla dignità dell’uomo. Sta poi alla mediazione politica, affidata ai laici, tradurli nelle diverse situazioni concrete. La Chiesa infatti, «con la sua dottrina sociale, non entra in questioni tecniche e non istituisce né propone sistemi o modelli di organizzazione sociale». Forse quello che oggi manca è proprio questo impegno laicale, questa assunzione di responsabilità nel progettare e programmare, con intelligenza e competenza, secondo l’ispirazione cristiana. Eppure gli esempi non mancano: in Italia basta pensare a De Gasperi e a La Pira.