Lettere in redazione

Seminatori di speranza

Caro Direttore,ieri io e mia moglie siamo stati a trovare una ragazza di 23 anni che si trova in monastero. Nei suoi occhi c’è una luce che riflette tutto l’amore di Dio, si vede bene che è innamorata, questo sprizza da tutto il suo essere senza che lei lo possa contenere, è qualcosa o forse qualcuno che coinvolge anche te e mi si imprime nella mente il pensiero che lei ha scelto davvero la parte migliore. Anche quando guardo e ascolto mio figlio maggiore che è in seminario mi succede lo stesso, questo lo vivo non come una certa nostalgia pensando che anche a me il Signore avrebbe potuto fare questa grazia, ma pienamente partecipe di questo dono, perché io e mia moglie, che abbiamo sette figli possiamo collaborare con gioia al mistero che pian piano rivela a tutti noi la vocazione a cui Dio da sempre ci ha chiamati.

Un altro dono grande è stata la possibilità che il Signore ha dato alla mia famiglia di celebrare il triduo pasquale a Kiev in Ucraina dove si trova una famiglia della nostra comunità, che inserita nel contesto sociale del luogo, sta evangelizzando, sopratutto con la testimonianza della propria vita. Questa coppia ha otto figli; la meraviglia è vedere come in tutti c’è uno spirito, che se pure in mezzo a tantissime difficoltà li fa davvero araldi di un amore che li sorpassa, ma che loro stessi non possono contenere.

Caro Direttore pensando a quali modelli di vita ci propongono ogni giorno i mezzi di comunicazione, facendo credere a tutti noi che questa è la realtà volenti o nolenti, si diffonde una profonda cultura di morte. Le chiedo per quello che le è possibile, come gia sta facendo, di mettere sempre più in risalto testimonianze di vita. Ci sono tante famiglie unite dove è possibile amarsi in mezzo anche a tribolazioni, tanti giovani casti che si innamorano ancora di Cristo disponibili a donargli la vita anziani amati e contenti di vivere e comunque tante creature, limitate e piene di peccati che ogni giorno guardando alle proprie miserie ma soprattutto alla misericordia che Cristo ha avuto per loro cantano felici il dono della vita.Bruno BaccaniScandicci (Fi) Il prossimo Convegno di Verona invita ad essere testimoni e seminatori di speranza, in un tempo in cui sperare appare arduo. Eppure – secondo la bella espressione di S. Ambrogio – «non sembra uomo chi non spera», tanto l’apertura fiduciosa al futuro ci è congeniale, anche se va aiutata. In questo i mezzi di comunicazione sociale, e particolarmente i nostri giornali, possono avere un ruolo fondamentale. Non si tratta certo di celare durezze e ingiustizie che ci sono o di presentare un mondo ovattato che suonerebbe falso. Si tratta piuttosto di essere osservatori attenti, antenne in grado di cogliere il positivo che c’è, anche se spesso non riesce ad emergere quasi non avesse dignità.Le «testimonianze di vita», che lei, caro Baccani, cita, evidenziano invece che ci sono ancora persone capaci di fare scelte di serietà. In fondo – e il Vangelo ce lo insegna – la realtà è complessa in un intreccio di grano e zizzania e, se non sta a noi dare giudizi definitivi, possiamo però affermare, e l’esperienza anche diretta ce lo insegna, che «tante famiglie unite si amano pur in mezzo a tribolazioni» e «tanti giovani casti si innamorano di Cristo» o sono disposti a giocarsi la vita per un ideale, anche se non necessariamente di tipo religioso. La cultura corrente invece, abilmente veicolata, ci presenta per lo più, e quasi con compiacimento, famiglie in frantumi e giovani dediti solo allo sballo del sabato sera, come se i segni distintivi del nostro tempo fossero solo questi. È una lettura parziale che però influenza e scoraggia. Essere seminatori di speranza voul dire allora anche contrastare questa tendenza non con sterili recriminazioni, ma facendo conoscere la «cronaca bianca» che poi vuol dire la cronaca del bene, dei valori che ci sono, di una realtà pulita per la quale in fondo si sente ancora attrattiva.