Caro Direttore,sono tante le nostre chiese di campagna. Molte se ne stanno in solitudine su amene colline. Sovente hanno accanto un piccolo cimitero, da pochi frequentato, umile memoria della valle, ombreggiato da radi severi cipressi, luogo di silenzio, rotto solo dal cinguettio degli uccelli. Le chiese di campagna si animano solo il sabato sera o la domenica mattina quando un prete itinerante sale dalla piana per officiare la Messa. Allora la campana diffonde all’intorno il suo richiamo che si perde nella valle. Le soglie delle chiese sono allora varcate da varie persone, non molte in verità, la maggioranza straniere del luogo, vestite in modo sobrio ma costoso; altre, invece, dagli abiti più dimessi, alcuni di antico taglio. Le mani di queste persone sono spesso nodose, aduse, in un lontano passato, al lavoro dei campi. Mani che si sono congiunte in umili preghiere, mani che hanno acceso candele chiedendo grazie che oggi fanno sorridere; ma che, in tempi andati, potevano significare il pane quotidiano di una famiglia. Sono mani che nel giorno dei morti allietano le tombe con fiori di campo. Le chiese di campagna sono le madri pietose che hanno visto il riso e il pianto dei propri figli. Sono le testimoni della loro storia. La storia degli umili.Lettera firmataGuardando le tante vecchie chiese, ora abbandonate o solo raramente officiate, che costellano la nostra campagna toscana, quello che mi colpisce e mi fa riflettere è il vissuto di cui sono testimonianza e memoria.In un passato, non poi lontanissimo, le zone circostanti erano infatti abitate da famiglie anche numerose, dedite per lo più all’agricoltura, e la chiesa era spesso l’unico punto d’incontro e di aggregazione. Ma era soprattutto il luogo dove si celebravano con fede gli eventi più significativi della vita di ognuno che diventano però anche momenti pubblici perché tutti si sentivano ed erano parte viva di quella comunità.A volte avvenimenti lontani coinvolgevano dolorosamente: ce lo ricordano le lapidi sui muri che riportano gli elenchi dei caduti nelle varie guerre del ‘900 e possiamo immaginare il dramma di chi partiva e di chi restava, in un tempo in cui le comunicazioni erano difficili e frammentarie e il sacerdote era l’unico riferimento a cui si ricorreva con fiducia. Questa è la storia che queste piccole chiese ci raccontano. C’è poi quella più nascosta e profonda: le ansie, i propositi, i dolori, le speranze che solo a Dio si manifestavano e che si facevano preghiera semplice, accorata, fiduciosa.Tutto questo nella visione cristiana non è andato perduto e tra noi e queste persone sconosciute e lontane c’è un legame saldo che ci affratella. È la Comunione dei Santi, di cui oggi poco si parla nella predicazione.Il «Compendio» del Catechismo della Chiesa cattolica al pr. 195 ci ricorda ed è verità di fede questo legame, al di là dello spazio e del tempo, «tra quanti per la grazia sono uniti a Cristo morto e risorto». «Alcuni sono pellegrini sulla terra; altri, passati da questa vita, stanno purificandosi, aiutati anche dalle nostre preghiere; altri infine godono già della gloria di Dio e intercedono per noi. Tutti insieme formano in Cristo una sola famiglia, la Chiesa, a lode e gloria della Trinità».