Lettere in redazione
La replica: Pistelli, «Il perché del mio voto»
Gentile Direttore, spiego volentieri il mio voto sul Programma sulla Ricerca che ha sollevato garbate richieste di chiarimento. La questione ruota attorno a 4 punti: cos’è il Programma, cosa prevede sulle cellule staminali embrionali, quale sarà il suo impatto, come hanno votato i parlamentari italiani.
1. Il Programma Quadro è un grande catalogo di regole e criteri per progetti di ricerca transnazionali (chimica, nanotecnologie, ambiente, energia) che fruiranno nei prossimi sette anni di un sostegno economico europeo complessivo di 54 miliardi di euro. La proposta della Commissione è giunta al Parlamento che, dopo oltre un anno di lavoro, l’ha modificata e integrata. Nel catalogo, le ricerche sulla salute umana sono 80 (tumori, diabete, malattie cardiovascolari ecc.); di queste, 8 farebbero uso di cellule staminali, con risorse pari a meno dello 0,7% dell’intero piano.
2. Erano tre i principali emendamenti in materia di ricerca sulle cellule staminali, messi in votazione a partire dal testo più restrittivo. Il primo, infatti, proibiva in generale l’uso delle staminali e, se approvato, avrebbe cancellato il finanziamento europeo a quelle ricerche. Molti deputati il sottoscritto incluso lo hanno votato per sottolineare la nostra posizione di principio, così come i verdi hanno cercato di cancellare i finanziamenti europei alla ricerca sul nucleare. L’emendamento è stato bocciato con largo margine. Il secondo emendamento consentiva ripeto «consentiva» l’uso delle staminali soprannumerarie ma poneva condizioni più restrittive, come la data limite di produzione al 2001. Tutti i colleghi di orientamento cattolico il sottoscritto incluso hanno cercato consenso e sostenuto l’emendamento, bocciato per soli 19 voti.
Rimaneva il terzo e ultimo emendamento, il «compromesso Busquin», già approvato dalla Commissione Ricerca. Si poteva respingerlo, come hanno scelto legittimamente di fare alcuni colleghi, e allora il Programma non avrebbe esplicitato ulteriori criteri restrittivi. O si poteva sostenerlo per avere comunque dei criteri, anche se meno rigidi del voluto.
Così ho scelto. L’emendamento, passato per 35 voti e con il sostegno del 50% del gruppo Ppe, proibisce la clonazione, le attività intese a produrre modificazioni ereditabili del genoma umano, la produzione di embrioni finalizzati alla ricerca, la loro commercializzazione. Obbliga a sentire i comitati etici europei e nazionali, stabilisce un sistema di licenze, chiede di verificare anno per anno come proceda la ricerca e se esistano modalità alternative. Dovevamo fare a meno anche di questo, per l’irritazione di non avere prevalso nelle votazioni precedenti? Preferire l’assenza di limiti? Cosa cambiava, secondo il principio, se fosse stato approvato il secondo emendamento, sostenuto anche da tutto il centrodestra italiano? Il discrimine stava forse nella sola data di produzione dell’embrione?