Lettere in redazione

Giovani violenti, di chi è la colpa?

Caro Direttore,sono una cittadina italo-europea, una mamma ed una nonna, amo il mio Paese e vivo nel rispetto delle sue regole. Quanto è successo a Catania mi ha indignata e mi domando dove andremo a finire se le cose continueranno di questo passo. Ho seguito quasi tutti i dibattiti sull’argomento e sentito pareri di massimi dirigenti di calcio e politici che hanno toccato i punti salienti della questione: stadi non a norma, società che spendono troppo nell’acquisto di giocatori (il che è scandaloso) e poco o niente per la sicurezza. Hanno detto che il problema sta a monte, benissimo! ma non ho sentito nessuno parlare delle famiglie di questi piccoli delinquenti.

Vogliamo partire da monte? I nostri figli e nipoti crescono da soli, peggio ancora, hanno per balia la televisione e internet e da questi elettrodomestici imparano l’educazione. In più, i genitori, per liberarsi dal senso di colpa, danno loro di tutto e di più ed i figli crescono nella convinzione che tutto è possibile, tutto gli è dovuto e se non ce l’hanno se lo prendono. Quando gli insegnanti li redarguiscono i genitori pietosi prendono le loro difese.

Questa è educazione? È solo un modo distorto di vedere le cose da parte delle famiglie. Inconsciamente i figli sentono la mancanza di regole di vita e le cercano altrove, visto che la famiglia non gliela dà. Si aggregano al «branco» per avere sicurezze e rispetto di tali regole ma queste sono a loro volta distorte e violente. Dobbiamo dare ai nostri figli uno stile di vita giusto, insegnar loro il buon vivere civile nel rispetto dell’altro chiunque sia.Anna Maria ValentiS. Martino d’Ambra (Ar) I fatti di Catania, dopo l’indignazione del momento e la tolleranza zero… annunziata, sono ormai – come troppo spesso accade – archiviati e il povero ispettore Raciti lasciato al dolore dei suoi familiari. Ed è invece opportuno rifletterci ancora, collocandoli nel diffuso clima di violenza che ci circonda. È una violenza che vede protagonisti giovani, giovanissimi e qualche volta addirittura dei bambini; che nasce molto spesso dal disprezzo per chi ai loro occhi è debole e quindi senza valore; e che si manifesta anche in luoghi che di per sé sono deputati all’educazione e alla socializzazione. Anche se a volte può assumere il carattere della rivolta – e allora il «nemico» sono le Forze dell’Ordine – manca di motivazioni economiche e sociali perché questi ragazzi più che emarginati sono felicemente integrati nella società del benessere, che tanto gli concede.Ed è proprio la giovane età dei protagonisti e questa violenza fine a se stessa che preoccupano. Di chi la colpa? E soprattutto cosa fare? Lei, gentile signora Anna Maria, attribuisce tutta la responsabilità alla famiglia, come altri alla scuola. Il fatto è che da troppo tempo gli adulti hanno rinunciato ad ogni serio impegno educativo che deriva dal venir meno di punti certi di riferimento.E così non sapendo che fare – in famiglia, a scuola, e a volte anche nella comunità ecclesiale – si è lasciato correre, si son chiusi gli occhi, abdicando di fatto alle proprie responsabilità anche perché, bisogna riconoscerlo, non è facile esercitarle.E allora, più che lamentarsi, bisogna elaborare modelli educativi per l’oggi, saperli proporre con intelligenza e amore, fissando però anche dei limiti che non possono essere violati senza conseguenze. In fondo ogni progetto educativo comporta dei sì, ma anche dei no.Questa è la sfida che come adulti ci sta davanti e impegna tutti – anche il mondo politico – perché non possiamo certo considerare «ormai perduti» questi ragazzi che, sembrerà strano, ma hanno bisogno di noi.

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