Lettere in redazione

La legge 40 è inaccettabile

Ho ascoltato p. Angelo Serra, esperto di fama internazionale in genetica umana e bioetica, invitato dal Serra Club a parlare della fecondazione in vitro. Ha iniziato ricordando la data – febbraio 2004 – dell’approvazione della legge «sulla riproduzione medicalmente assistita« (la legge 40). Ne ha poi letto il primo articolo, sottolineando con la voce: «legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». Aggiungendo immediatamente: «quelli che hanno scritto questo, non sapevano di cosa si tratta… Il concepito non è rispettato. Assolutamente. Assolutamente». Ha poi illustrato con dovizia di citazioni di ineccepibili fonti scientifiche internazionali la tecnica Fivet – il cui impiego è consentito dalla legge e finanziato anche dallo Stato – e tutti i suoi tragici effetti, a danno delle donne in particolare, e soprattutto dei concepiti. Ha anche esposto i primi dati ufficiali, relativi a parte dei Centri operativi nel 2004 (dai quali è possibile ricavare il numero presumibile di aborti Fivet causati in quell’anno nel rispetto della legge 40: più di 55 mila per meno di 5 mila «bambini in braccio»). Ha concluso osservando che se pur esistono leggi peggiori, la legge 40 è comunque gravemente ingiusta ed inaccettabile, ed è perciò indispensabile e urgente impegnarsi per «illuminare» la gente, perché tutti «sappiano» quale è la disumanità di queste tecniche; i cui risultati, oltretutto, in più di trent’anni, non mostrano alcun apprezzabile miglioramento.

Se p. Serra ha ragione, mi sembra diffìcile convincersi che nell’approvare la 1egge 40 non ci sia stato un negoziato sul «rispetto e la difesa della vita», uno dei «valori non negoziabili». Mi sorprende perciò che proprio l’approvazione «trasversale» di una normativa che legittima decine di migliaia di aborti l’anno venga apprezzata come esempio di una «presenza del cattolici nella vita pubblica», che sarebbe capace di «soluzioni legislative che risentono di coordinate etiche comuni» (Giuseppe Savagnone su Toscanaoggi del 18 marzo).Mario Paolo RocchiFirenze

Toscanaoggi non ha mai detto che la legge 40 è una legge «cristiana» (ma poi, esistono leggi «cristiane»?). Anzi, abbiamo sempre ribadito che per un cattolico non è lecito ricorrere a tecniche di fecondazione che separino l’atto coniugale dalla procreazione. Questo però non ha impedito ai cattolici italiani – uniti come non accadeva più da tempo – di difendere la nuova norma da chi, attraverso lo strumento referendario, la voleva stravolgere. Perché, come ebbe a dire il card. Ruini nella sua prolusione al Consiglio permanente della Cei del 17 gennaio 2005 «questa legge, che sotto diversi e importanti profili non corrisponde all’insegnamento etico della Chiesa», «ha comunque il merito di salvaguardare alcuni principi e criteri essenziali, in una materia in cui sono in gioco la dignità specifica e alcuni fondamentali diritti e interessi della persona umana». E non credo che il padre Serra abbia proposto di raccogliere firme per abrogare la legge 40. Anche perché senza quella legge continueremmo ad assistere a pratiche ben peggiori. E d’altra parte i cattolici non hanno la possibilità di far approvare norme più restrittive.

Ecco perché Giuseppe Savagnone, analizzando i lunghi anni alla guida della Cei del card. Ruini, sottolineava la capacità dei cattolici di «dar luogo, in certe occasioni, a soluzioni legislative che risentono di coordinate etiche comuni, come nel caso della legge sulla fecondazione assistita». In altre parole, senza lo sforzo e la tenacia di cattolici da una parte e dall’altra, avremmo avuto, o una legge decisamente meno restrittiva, oppure nessuna legge, cioè il permanere di quel «far west» della fecondazione, dove tutto (o quasi) era possibile. (dal n. 13 del 1° aprile 2007)

Claudio TurriniLa Chiesa italiana tra passato, presente e futuro (di Giuseppe Savagnone)