Lettere in redazione

De Gasperi e l’«Operazione Sturzo»

Caro Direttore,personalmente credo che la proposta di Pio XII  a De Gasperi di allargare la coalizione al Msi per le elezioni al comune di Roma negli anni ’50, fosse dettata dal timore di evitare (in piena guerra fredda) una giunta comunista. De Gasperi era sicuro di vincere ugualmente e comunque trattandosi di una soluzione politica e non di un principio morale non era tenuto ad obbedire. Danny Ricciindirizzo email

Un saggio di Andrea Riccardi del 2003 – Pio XII e Alcide De Gasperi: una storia segreta – e un lungo editoriale pubblicato su 30 Giorni da Giulio Andreotti – persona informata sui fatti – ricostruiscono, anche sulla base di nuovi documenti (le carte Pavon) come prese corpo la cosiddetta «Operazione Sturzo» e come fallì, soprattutto per la ferma e motivata opposizione di De Gasperi.

In vista delle elezioni amministrative di Roma del maggio 1952 – siamo in piena guerra fredda – si profilò il rischio reale di una vittoria della sinistra e di un sindaco comunista. Fu allora che Luigi Gedda e padre Lombardi, che si muovevano come messaggeri di Pio XII – ma spesso i messaggeri ci mettono molto del loro – si fecero promotori di una Lista civica, apparentemente extrapolitica, ma di fatto risultante dalla Dc, dal MSI e dal Partito nazionale monarchico, aperta a tutte le forze anticomuniste. Per fugare ogni dubbio democratico fu chiesto a don Luigi Sturzo, proprio in nome del suo passato di antifascista, di assumersene le responsabilità. E, ci dice Andreotti – a quel tempo stretto collaboratore di De Gasperi e ben introdotto negli ambienti curiali – «con rara impudenza si andava ripetendo che il Papa voleva così».

De Gasperi e una buona parte della Dc obiettavano che l’operazione, lungi dal garantire il successo elettorale, comportava rischi per il Governo e soprattutto faceva naufragare la politica di alleanze con i partiti laici che si era faticosamente costruita e che dava buon frutto.

Inoltre sarebbe stata vista come un’apertura della Dc alle forze neofasciste con probabili ripercussioni nel Paese. Ma in De Gasperi c’erano anche – e forti – riserve ideali e culturali.

E, del resto, proprio per tutte queste implicanze l’«Operazione Sturzo» era malvista da mons. Montini e trovava assai tiepido l’altro sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Tardini.

Si trattava dunque – sarà bene sottolinearlo, anche per evitare attualizzazioni improprie – di un contrasto che non toccava principi etici, ma la scelta degli strumenti più appropriati in vista di un appuntamento elettorale. E quindi, caro Ricci, credo anch’io che De Gasperi abbia fatto bene a opporsi, proprio in nome di una sana laicità.

L’Operazione Sturzo naufragò perché Andreotti fece giungere direttamente a Pio XII, scavalcando abilmente i canali ordinari e per questo fu «rimproverato, ma dolcemente, da mons. Tardini perché non si era fidato di loro», un appunto che ben evidenziava tutti i pericoli di quell’operazione che, oltre tutto, non garantiva affatto il successo, che invece poteva essere raggiunto, come effettivamente avvenne, con un impegno massiccio della Dc, nella continuità di una politica di pacificazione nazionale.

In tutta questa vicenda, ricostruita ora in ogni suo passaggio, emerge la grande statura politica, ma soprattutto morale e spirituale di De Gasperi che in quei giorni, che certamente per lui furono drammatici, pronunciò una frase che Andreotti riporta, pur dicendo che «forse si presterà a polemiche sull’autonomia della politica, ma che è esemplare» «Se il Santo Padre decide diversamente io mi ritirerò dalla vita politica. Sono cristiano, sono sul finire dei miei giorni e non sarà mai che io agisca contro la volontà del Papa. Mi ritirerò dalla vita pubblica, non potendo svolgere con coscienza una azione politica ritenuta utile alla patria e alla stessa Chiesa».