Lettere in redazione
Veltroni a Barbiana, una visita «stonata»
In tempi, in cui il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, va a trascorrere il week end con i monaci ultraordossi del Monte Athos (dove non sono ammesse neanche le donne!), non dovrebbe scandalizzare che il diessino sindaco di Roma, Walter Veltroni, salga a Barbiana per rendere omaggio a don Lorenzo Milani prima di ufficializzare la sua candidatura alla leadership del Partito democratico. Eppure ho trovato un po’ stonata quella visita e il tentativo di accaparrare alla sinistra l’autore di «Esperienze pastorali» e di quella lettera al «comunista» Pipetta dove scriveva: «Se vincevi te, credimi, io non sarei più stato dalla tua parte».
Non credo che questa visita a Barbiana del futuro leader del Pd sia liquidabile come una «furbata» per ingraziarsi i voti dei cattolici al futuro Partito Democratico. Che don Milani sia uno dei suoi «punti di riferimento» lo si sa da tempo, così come Giuseppe Dossetti o John F. Kennedy. E non c’è che da prenderne atto: in politica ciascuno è libero di scegliersi i propri «numi tutelari». «Sono stato qui molti anni fa ha dichiarato Veltroni sabato scorso a Barbiana e soprattutto ci sono stato molte volte nel corso della mia vita. Il mio viaggio è cominciato da ragazzo, leggendo il libro scritto dagli allievi di don Lorenzo». Certo, per il clamore mediatico con cui l’ha voluta sottolineare (l’ha annunciata con enfasi e poi c’è andato con il suo futuro «vice», Dario Franceschini), questa visita diventa funzionale ad un ben preciso disegno politico. Per questo forse è utile ripetere, come ha fatto commentando quella visita uno dei primi allievi della «scuola», Michele Gesualdi, che «Don Lorenzo Milani non si può tirare per la tonaca né a destra né a sinistra, perché era un prete del Dio di Abramo, della Chiesa di Pietro».
Claudio Turrini