Lettere in redazione
Il Grillo «canterino» e la parabola di Giannini
Molti anni fa, agli albori dell’era televisiva, la Rai Toscana mandava in onda un programma radio ogni domenica che si chiamava «Il Grillo Canterino», che diventò popolarissimo perché gli attori impersonavano figure reali caratterizzandoli con la satira e le battute toscanacce. «Gano il duro di San Frediano» (il quartiere più popolare di Firenze), la «Sora Alvara, la macellara di lusso» , Il «Tifoso Viola» che ce l’aveva sopratutto con la Juve: «Guardateli son per la Juve e c’hanno pure la gobba!» (da cui nacque «gobbi juventini»), il Battistoni, il ciclista lombardo che all’epoca di Bartali e Coppi arrivava sempre secondo e dichiarava: «mi sun contento!». Questi ed altri personaggi dello show radiofonico raccontavano la vita e i problemi degli italiani con l’ironia tipica del nostro Dna di toscani, e furono i primi «castigatori alla Merlo» della morale sociale, sportiva e politica dell’epoca. Il tutto era condito da un humor sottile, ma dirompente, come quello che distinse e fece diventare famoso Merlo all’inizio della sua carriera professionale.
Oggi, e sopratutto dopo lo spettacolo andato in scena in diverse piazze italiane con «Il giorno del V », il suo ergersi a «pubblico moralizzatore della politica», l’ha fatto cadere, secondo il mio modesto parere di ex-fan, dalla comicità alla farsa!
Abbiamo già avuto nella storia politica italiana un personaggio che come lui ebbe atteggiamenti di sfiducia nelle isitituzioni democratiche, di diffidenza e ostilità nei confronti della politica e del sistema dei partiti che allora una giovanissima Costituzione aveva sancito (per prima fra quelle europee) come strumenti di democrazia essenziali per il funzionamento politico del Paese. Si chiamava Guglielmo Giannini, di professione commediografo (una coincidenza storica?) e fu una meteora politica che ottenne all’elezione per l’Assemblea Costituente nel 1946, addirittura 1.211.956 voti, pari al 5,3% delle preferenze, diventando il quinto partito nazionale con ben 30 deputati. Ma la meteora si disentegrò in pochissimo tempo (non arrivò alle successive elezioni) e confluì alla destra estrema!
Il relativo successo del «V-day» (dove il «V» sta per un inquietante «Vaffa…») non deve essere né sottovalutato né sopravvalutato. Nella diagnosi di Beppe Grillo sulla degenerazione della politica c’è molto di vero. E il malcontento che aleggia tra la gente ha bisogno di risposte ben diverse dai «pannicelli caldi» del disegno di legge Santagata sui costi della politica. È anche giusto auspicare una maggiore partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Ma la strada imboccata in questi giorni dal comico genovese temo che porti poco lontano. «Ogni Meetup, ogni gruppo può, se vuole, trasformarsi in lista civica per le amministrazioni comunali», si legge nel suo blog. E come requisiti per le candidature in queste liste, che potranno avvalersi del suo «marchio», Grillo mette non un’idea o un progetto politico, ma «il non essere iscritti a partiti ed essere incensurati». Come se l’essere iscritto ad un partito fosse una colpa grave come aver rubato o ucciso. Queste liste civiche, se nasceranno, si trasformeranno in assembramenti temporanei, capaci di opporsi a qualunque cosa, ma incapaci di scelte coraggiose e di progettualità. La storia del nostro paese ne ha già viste tante, finite tutte allo stesso modo.
Claudio Turrini