Lettere in redazione
Auguri Flavio e Elisabetta, ma l’esempio non è questo
Sono stato con mia moglie a ricordare il nostro quarantesimo di matrimonio, sui sentieri per Santiago di Compostela, percorrendoli per oltre 200 chilometri. Ho vissuto e visto tante belle cose, ma ci è sfuggito il matrimonio di Briatore con questa, immagino giovane e bella figliola.
In prima pagina di Toscanaoggi, leggo il commento di Mauro Bianchini, sull’«Avvenire» iniziano a fioccare lettere al direttore.
Essendo privo dei fatti e delle motivazioni del Cardinale officiante, non posso esprimere commenti, ma dall’aria che tira ho fatto mia l’opinione che questo alto prelato l’abbia combinata grossa.
Che ci sian preti santi e di grande aiuto per indicarci la strada, ne sono talmente sicuro da riconoscerli tra mille, come è vero che altri, predican bene e razzolan male e la strada te la fan sbagliare. Siamo tutti pellegrini, avviati verso la mèta, stiamo in guardia da questi esempi fuorvianti, se sbagliamo strada non è colpa d’altri, ma è solo colpa nostra, perché chi dobbiamo seguire lo sappiamo benissimo e impossibile è sbagliarsi.
Auguri a Flavio e Elisabetta, benvenuti in famiglia! Una famiglia in più da salvaguardare e difendere nelle nostre piazze.
La farsa del matrimonio del secolo
Vorrei, se possibile, che questo messaggio giungesse al giornalista Mauro Banchini. Su Toscanaoggi del 22 giugno scrive di non avere titoli per commentare la farsa del «matrimonio del secolo». Se lui non ha i titoli, figuriamoci io semplice e ignorante abbonato. Ma vorrei che sapesse, anche se non varrà niente, che ha tutta la mia completa condivisione e solidarietà. Basta così, non pubbliciziamo oltre la vergogna di «tutti».
In redazione abbiamo discusso a lungo sulla «provocazione» dell’amico Mauro Banchini. C’è sempre il rischio di cadere nel qualunquismo, o in forme di «rivalsa» anche inconscia verso i potenti di turno, che puzzano di «giustizialismo». Ma alla fine, pur con qualche distinguo siamo stati d’accordo su un punto. Se facciamo un discorso da cristiano e non da «uomo della strada», nessuno di noi ha diritto di sindacare le motivazioni e i sentimenti dei due sposi. Anzi, in tempi di facili convivenze, c’è da rallegrarsi che abbiano scelto il matrimonio cristiano. Però anche noi ci chiediamo con umiltà se la Chiesa abbia valutato attentamente le «ricadute» negative dell’eccessiva solennità consentita a questo evento. C’era proprio bisogno che a celebrare le nozze fosse un cardinale di Santa Romana Chiesa? E non sarebbe stato opportuno che proprio perché protagonisti in passato di tanto «gossip», non certo edificante, ai due novelli sposi fosse stato chiesto di compiere qualche gesto simbolico della loro appartenenza alla comunità dei credenti. Altrimenti l’impressione certamente sbagliata che i credenti si possono fare è che certe regole non valgono per tutti.