Lettere in redazione
La fede e la teoria dell’evoluzione
Alcuni scienziati non credenti ritengono che i loro colleghi credenti vivano una situazione schizofrenica, cioè che in essi siano presenti due modi di pensare tra loro inconciliabili, senza che si rendano conto di questo fatto. Ma le cose non stanno in questo modo. Nella Costituzione «Dei Verbum» del Concilio ecumenico «Vaticano II» (cap. III, n. 41) si legge «i libri della Scrittura insegnano con certezza fedelmente e senza errori, la verità che Dio volle fosse consegnata nelle Sacre Lettere in ordine alla nostra salvezza». L’accettare, o il non accettare, la teoria dell’evoluzione non ha alcuna influenza ai fini della salvezza.
Padre Athos Turchi nella rubrica «Il teologo risponde» a cura della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, affronta sul n. 22 (Un prete rimane sacerdote «per sempre»?), su richiesta di un lettore, il rapporto tra scienza e fede in ordine alla teoria evoluzionista e scrive che «quanto afferma la scienza sull’evoluzione non è poi cosa così sicura, anzi sono molti quelli che la contestano, al punto che l’evoluzione sembra quasi una fede come lo possa essere il racconto della Bibbia». Lei, caro prof. Zappa, evidenzia un atteggiamento che ha potuto verificare fra gli scienziati in vari convegni a cui ha partecipato come insigne docente universitario di Matematica nonché membro dell’Accademia dei Lincei. La questione è questa: alcuni scienziati non credenti ritengono che i loro colleghi credenti vivano una situazione schizofrenica, cioè che in essi siano presenti due modi di pensare tra loro inconciliabili: credere alla Bibbia o accettare quanto la scienza dice, in ordine all’evoluzione?
Una risposta chiara ci viene ora con l’autorità del Concilio Vaticano II ben espressa con le parole del capitolo III della «Dei Verbum» che lei riporta. Sembra di risentire con un po’ d’emozione, quanto Galileo, in un contesto storico-culturale ed anche ecclesiale, scrive, credo nel 1615, nella lettera alla Granduchessa Cristina di Lorena: che intenzione dello Spirito Santo, attraverso le Scritture, è «d’insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo».