Lettere in redazione

Se il magistrato esce dal seminato

Caro Direttore,la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione che condanna un professore di liceo per aver detto a uno studente che verrà bocciato, secondo me si commenta da sola.

La scuola si dice che non funziona; molti sono i problemi . E la magistratura? Non di un magistrato ordinario, fresco di concorso, e già sarebbe gravissimo, si tratta, addirittura di un giudice di Cassazione: governo di destra o di sinistra o di centro, a me pare che la riforma della giustizia sia ineludibile.

Ma, come si fa ad evitare che il giudice, se non ci arriva per preparazione e buon senso, si occupi di questioni di lana caprina e comunque non attinenti alla sua funzione? Allora mettiamoci tutti a denunciare forze dell’ordine, pubblici ministeri e giudici quando dalle loro parole o sentenze o arringhe o dichiarazioni emerga qualcosa che si ritenga lesivo della persona. Io proverei , per vedere che cosa succede.

Franco Sabatiniindirizzo email

La sua reazione, ampiamente condivisa, caro Sabatini, è molto comprensibile e porta con sé un senso di sgomento che è diffuso e scoraggia. Troppi sono i fatti che ci lasciano perplessi. Eppure mollare tutto e non reagire non sarebbe una reazione positiva tutt’altro, di fronte alle tante cose che non vanno – dalla scuola all’amministrazione della giustizia – e che lasciano davvero perplessi. Eppure non bisogna scoraggiarsi. Sarebbe un atteggiamento negativo.

L’Italia – si dice da molto tempo – ha bisogno di molte riforme e i settori che lei indica sono emblematici. Il fatto è che – lo riconoscono ormai in molti – c’è bisogno di profondi mutamenti e questi non possono essere fatti senza larghi accordi. Dopo le recenti elezioni, che con la drastica riduzione dei partiti presenti in Parlamento sembrava preludere al meglio, si è di fatto creato un dualismo che ha portato a una divaricazione nelle strategie. Eppure bisogna reagire partendo dal presupposto che certe riforme necessitano di un consenso ampio e devono coinvolgere tutte le forze politiche, altrimenti c’è il rischio – sperimentato – che quel che viene fatto venga cambiato dopo cinque anni e questo per esempio nella scuola è deleterio.

Sembrava che si fossero aperte delle prospettive ma sembrano ormai tramontare. Eppure bisogna perseverare. Ma come fare? Questo è il nodo da sciogliere. Niente scoraggiamenti quindi ma continuare a lottare per costruire un’Italia migliore.

Ma il rinnovamento non può venire solo dall’alto. Bisogna recuperare anche come singoli quell’eticità che suggerisce comportamenti etici che iniziano dalle piccole cose.

Credo che ci siano ancora possibilità e per ritrovare quella concordia civile che esige gesti concreti. E qui ognuno deve fare la sua parte.