Lettere in redazione

Giovani, tifosi e violenza politica

Caro Direttore,si è molto discusso, anche su queste pagine, sullo striscione «Livorno presente» esposto dai giovani livornesi in alcuni recenti raduni ecclesiali. Chi conosce la nostra città sa bene che non ci sono rischi di un’esaltazione del fascismo. Anzi, al limite c’è il pericolo opposto, quello di un’esaltazione del comunismo, come avviene spesso per la tifoseria calcistica labronica.

Ma colpisce l’accondiscendenza di chi, per ignoranza storica o leggerezza, non ha impedito che i giovani delle parrocchie si accodassero a quel tragico motto. Le nostre parrocchie non hanno mai brillato nella educazione dei giovani alla politica.

Ricordo che nessun sacerdote, salvo rare eccezioni (come don Angeli o don Roberti) è stato mai antifascista o anticomunista. Secondo l’antico detto: «Francia o Spagna…..».

Penso che la lettera pubblicata a suo tempo da Toscanaggi possa contribuire ad aprire un ampio dibattito per «una nuova generazione di laici cristiani».

Come premessa di tale dibattito penso che il Consiglio diocesano di Azione Cattolica dovrebbe indirizzare una sua lettera di invito ai Parroci a non usare mai più slogan come «Livorno presente» e, con la collaborazione del Vescovo, suggerirne uno più consono ai tempi e ai principi del mondo cattolico.

Lettera firmataLivorno

Su quello striscione dei giovani livornesi abbiamo già scritto in questa stessa pagina (A proposito di «Livorno presente»), anche in risposta alle precisazioni che i giovani delle parrocchie del III Vicariato avevano voluto inviare a Toscanaoggi, dopo la pubblicazione della prima lettera. Credo davvero alla buona fede di chi ha pensato quello slogan. Del resto Livorno ha scritto pagine belle di resistenza partigiana e di opposizione al nazifascismo. E non solo con i due sacerdoti che lei cita: ce ne furono molti altri a cominciare dal vescovo mons. Piccioni.

Ma lei tocca un problema più vasto, quello dell’educazione dei giovani alla politica e dell’uso di slogan politici in manifestazioni sportive, come è avvenuto anche domenica scorsa nella partita Livorno-Frosinone. Il fenomeno, che va deplorato anche con giusta fermezza, ci impegna però fondamentalmente nel piano educativo. Su certi temi l’ignoranza è grande e molti di questi ragazzi – che hanno in genere fra 16 e 25 anni – poco o nulla sanno della nostra storia passata. Informarli e educarli è compito di noi adulti.

Molti di loro frequentano le nostre parrocchie e questo ci impegna anche come comunità ecclesiale. Non credo che vi esista il «gene fascista» o quello «comunista». C’è solo grande ignoranza e disinteresse per ciò che non sia immediato. Certi fenomeni di ritorno non possono però non preoccuparci perché potrebbero preludere a esaltazioni di forme di governo che non hanno alcuna giustificazione. E questo ci impegna piuttosto ad affrontare con i giovani problemi socio politici del mondo alla luce del Magistero e della dottrina sociale cristiana.