Lettere in redazione
La comunità internazionale e il conflitto israelo-palestinese
Caro direttore, mi sembra estremamente grave la presa di posizione del nostro governo, che si appiattisce sulle posizioni degli Stati Uniti, di rifutare una commissione internazionale a favore di una israeliana dato che Israele è una democrazia. Ma scherziamo? Ci prendiamo in giro? Israele si è macchiata di un sanginoso, ingiustificabile atto di pirateria in acque internazionali e ha sequestrato, con le navi, 700 cittadini di tutte le nazioni del mondo che si permettono di chiamare terroristi. Si è così fatta tragicamente beffa, cosa che spesso le accade, delle più elementari leggi internazionali e di pacifica convienza civile.
Che oggettività possiamo aspettarci da chi sistematicamente viola il diritto internazionale e non rispetta le risoluzioni dell’Onu? Il blocco di Gaza, la situazione di un milione e mezzo di palestinesi, privati dei più elementari diritti di vita, si configura come inammissibile, barbara, ingiustificata violenza. Questa violenza, purtroppo, rappresenta il ripetersi di altri ingiustificabili sanguinosi abusi, da Sabra e Shatila, ai recenti 1500 morti degli attacchi su Gaza. Non si capisce perchè Israele sembra godere di una intollerabile impunità, che può diventare molto pericolosa. Forse perchè negli anni l’Occidente è stato prodigo di elargizioni e avaro di imposizioni. Proprio per questo Israele sembra sempre di più usare la bestiale politica della guerra, anzichè la diplomatica guerra della politica. Questo rappresenta una grave fonte di destabilizzazione che può estendersi oltre i confini dei Balcani con imprevedibili pericoli per la pace mondiale.
Sulla vicenda siamo intervenuti nel numero scorso con un commento di Romanello Cantini (Il blitz di Israele un fatto gravissimo per chi vanta di essere paladino dei diritti umani) e con una testimonianza da Gaza di don Mario Cornioli (Nell’inferno di Gaza dimenticato da tutti), presente nella Striscia durante l’attacco israeliano alla «Freedom Flotilla». Don Mario affermava che Israele «avrà la sua sicurezza nel momento in cui darà la possibilità di vivere una vita dignitosa a quei milioni di disperati dei palestinesi», aggiungendo che «i veri amici di Israele non possono continuare a tacere o a coprire tutte le malefatte in modo acritico». Nella stessa circostanza abbiamo dato conto della condanna nel mondo al blitz compiuto in acque internazionali dalla Marina israeliana. Ma non tutti la pensano così. Anche un nostro affezionato lettore ci scrive che «non è stato da pacifisti gandhiani accogliere con sprangate, coltellate e altro i soldati israeliani. Ciò, oltretutto, dopo i ripetuti inviti alle navi di tornare indietro e ai naviganti di arrendersi. La sparatoria di fronte a una tale accoglienza era il minimo che i poco pacifici pacifisti dovevano aspettarsi».
Eppure, come scriveva Romanello Cantini, è innegabile che siano stati aggrediti e uccisi dei civili le cui intenzioni erano certamente provocatorie, ma altrettanto sicuramente pacifiche. Tutto, insomma, persino il dibattito qui da noi, sembra portare all’incomprensione, alla contrapposizione, che poi in quella terra significa odio, violenza…. E la violenza non porta a nulla se non ad altra violenza. Israele questo lo deve capire, soprattutto in un momento in cui non si stavano registrando attentati (che rimangono sempre ugualmente condannabili).
Per questo è urgente, come ha ribadito il Papa a Cipro (si veda anche il primo piano di questa settimana), che la comunità internazionale intervenga per porre fine alla tensioni in Terra Santa, prima che si arrivi «a uno spargimento maggiore di sangue».