Lettere in redazione
Divorzi all’italiana, troppa disparità
Parto ma solo per cronologia dall’ultimo fatto balzato alle cronache nel bolognese: appena sposata lascia il marito dopo una settimana e chiede gli alimenti; la Corte di Cassazione obbliga l’uomo a pagare 250 euro al mese e conferma la sentenza della Corte d’Appello poiché sostiene «lontano dal marito la signora non riusciva a mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante le nozze».
La prima considerazione è… ma quali nozze? La seconda ancor più grave riguarda la disparità di trattamento uomo-donna: gli ultimi dati Istat infatti sono chiari, in Italia le donne sono oramai oltre il 43% della forza lavoro (trend in crescità) ma sul totale di assegni divorzili versati solo il 4% circa è versato dalla donna, mentre il restante 96% dall’uomo. Non credo ci sia altro da aggiungere.
Il recente rapporto Caritas/Zancan sulla povertà ha messo in luce come ci siano 800 mila italiani ridotti all’indigenza, a volte diventati veri e propri clochard, a causa di separazioni e divorzi. E l’80% sono uomini, spesso con un lavoro da operaio o da impiegato, che se non ricevessero un aiuto dalla Caritas non riuscirebbero neanche a sopravvivere. Si parla di un qualcosa come 50 mila casi a Milano, 90 mila a Roma. Numeri destinati addirittura a raddoppiare nei prossimi anni. «Anche impiegati ed operai che, sulla carta, godono di una busta paga di circa 2.000 euro netti al mese, e quindi non censiti tra i cosiddetti poveri, possono trovarsi in situazioni di tracollo economico laddove devono versare per il mantenimento dei familiari e/o per il mutuo della casa coniugale quasi il 70% del loro stipendio», ha spiegato il presidente nazionale dell’Ami (Avvocati matrimonialisti italiani) Gian Ettore Gassani. Secondo l’Ami «urge una politica sociale nazionale per garantire ai nuovi poveri, prodotti dallo sfascio di molte famiglie, il reperimento di alloggi e la messa a disposizione di servizi di tipo psicologico».
Il divorzio è sempre un evento traumatico. Conseguenze negative per i membri della famiglia, a partire dagli sposi stessi, sono inevitabili. Però quanto scrive il lettore deve far riflettere. La legge tutela di più la donna, considerandola l’elemento più debole in un divorzio. E in linea di massima penso che questo rimanga vero, nonostante l’emancipazione femminile e la loro crescita percentuale nella forza lavoro. Ma forse è venuto il momento per una riflessione ampia su questo problema, che coinvolga oltre ai servizi sociali e al volontariato, anche il legislatore.