Lettere in redazione
Adozioni, la presunta apertura della Corte di cassazione
Gentile direttore, da padre adottivo, desidero esternare il mio forte dissenso nei confronti del pronunciamento della Corte di Cassazione che, pur ribadendo che al momento il nostro diritto vigente lo vieta, ha fatto appello alla Convenzione di Strasburgo sui diritti del fanciullo per far discendere dall’assenza di un divieto espresso, la possibilità che il legislatore apra a forme di adozione non più circoscritte alla famiglia propriamente detta, costituita da marito e moglie, ma anche all’adozione in favore di un single. Premesso che non vedo le ragioni per cui dovrebbe essere espressamente sancito un divieto che discende dal diritto naturale, che vuole per un bambino l’esigenza di essere cresciuto in via normale da un padre e da una madre, e rilevato che comunque la Cassazione ha poi fornito l’interpretazione autentica del suo inopportuno pronunciamento, asserendo di non aver inteso dettare orientamenti innovativi al legislatore, sono dell’avviso che ammettere all’adozione soggetti che non siano il nucleo familiare propriamente detto, costituito da una coppia legata da vincolo matrimoniale, potrebbe essere prodromico ad ulteriori forme di relativismo etico. Ritengo che non si possono adottare scorciatoie per concedere presunti diritti a chi non ha titolo per fruirne «in rerum natura», e il mio non è egoismo, ma realismo , perché nel caso di specie mancano le pre condizioni per aspirare all’adozione, senza voler esprimere alcun giudizio di valore sulla bontà dei principi che possono ispirare. Mi sono sottoposto, in vista dell’adozione, ad un lungo iter burocratico per accertare la mia idoneità e la bontà dei convincimenti che andavo manifestando; l’ho fatto volentieri, perché il mio obiettivo era quello, insieme a mia moglie, di cercar di restituire la felicità ad un minore che l’aveva suo malgrado perduta. Credo che mia figlia e tutti quanti versano nelle sue medesime condizioni abbiano titolo a poter chiamare babbo e mamma, quanti con un atto di amore si sono presi cura della loro esistenza, e che non ci possono essere surrogati innaturali per una scelta che presuppone un nucleo familiare fatto da coniugi.
Caro Daniele, niente da eccepire su quello che dice. Lo sottoscrivo. Il problema è un altro (lo dico anche agli altri lettori che ci hanno scritto sull’argomento): la Cassazione, sul punto preciso, ha detto il contrario. Lo ha spiegato molto bene Giuseppe Anzani su «Avvenire» del 16 febbraio. La Cassazione «ha detto che l’adozione dei minori, italiani o stranieri, non può essere riconosciuta alle persone singole. E infatti non ha accolto, ma rigettato l’istanza». Il clamore è nato dall’ultima frase della sentenza (realmente forse buttata un po’ lì «a decisione presa, a discorso finito») dove si dice che la Convenzione di Strasburgo del 1967 lascia al legislatore nazionale la facoltà di ampliare l’adozione legittimamente, se volesse ammettervi i singoli. Ed è la verità: «la Convenzione di Strasburgo non obbliga e non vieta e lascia liberi i legislatori nazionali». Ma ciò non significa che la Cassazione apra alle adozioni dei single, nonostante l’uscita un po’ maldestra che, a giudizio di Anzani, poteva risparmiarsi, anche perché i giornali, spesso, non vanno troppo per il sottile e prendono per buona la prima interpretazione che arriva dalle agenzie di stampa.