Lettere in redazione
Sul film di Moretti l’ennesimo corto circuito dell’informazione
Ho avuto notizia dalla stampa e dalla tv che il quotidiano «Avvenire» ha invitato i cattolici a boicottare il film di Nanni Moretti «Habemus Papam». È un fatto strabiliante e preoccupante , speravo che i tempi delle scomuniche preventive fossero finiti, invece . Ma se si ritiene che un film sia discutibile, critichiamolo pure, rileviamo le sue caratteristiche negative, i suoi punti deboli, l’ideologia del regista e così via. Invitare a boicottarlo, chiedere cioè a chi si professa cattolico di non andare a vederlo per principio, di rifiutarlo a priori su indicazioni che non so come definire: dottrinali forse e quindi pericolose per la coscienza cristiana, mi sembra qualcosa di assurdo, un ritorno a tempi che pensavo passati, a prima del Concilio Vaticano II. La realtà è che qualcuno ha paura che i credenti abbiano senso critico e autonomia di elaborazione culturale, che siano un «Popolo di Dio obbediente in piedi» e preferirebbe un insieme di sudditi senza personalità e privi di maturità di fede.
Caro Rogani, per fortuna lo ammette lei stesso di avere avuto notizia da altri giornali e tv «che il quotidiano Avvenire ha invitato i cattolici a boicottare il film di Nanni Moretti Habemus Papam» perché non è così. Se avesse letto direttamente «Avvenire» saprebbe come stanno realmente le cose. Certo non è colpa sua: non è obbligato a leggere «Avvenire» (anche se sarebbe auspicabile, ma qui si aprirebbe un altro discorso). La colpa è dell’ennesimo «corto circuito» dell’informazione creato e mantenuto ad arte a discapito, come spesso succede, dei cattolici.
Ma andiamo con ordine. La recensione di «Avvenire» al film di Nanni Moretti è stata pubblicata venerdì 15 aprile a firma di Marina Corradi, che del quotidiano cattolico è editorialista oltre che inviata. Spiego questo per dire che quella firma rispecchia in pieno l’opinione del giornale con in testa il suo direttore Marco Tarquinio. Nella recensione si parla di film elegante, senza acrimonia, che offre un ritratto umano del Papa, ma senza la fede, finendo così per dare della Chiesa un’immagine di mera istituzione senza Dio. Dunque, nessuna scomunica, solo un libero giudizio critico. Dopo di che, domenica 17 aprile, «Avvenire» ha ospitato (ma lo hanno fatto anche alcuni siti internet come «Piùvoce.net») la lettera di Salvatore Izzo, autorevole vaticanista dell’Agenzia giornalistica Italia, nella quale si chiede di boicottare il film di Moretti. Quella stessa sera Fabio Fazio, nella sua trasmissione tv, con Moretti in studio, ha attribuito, in modo scorretto, quella proposta ad «Avvenire». Ma il peggio è che molti quotidiani del giorno dopo hanno ripreso (direi in cattiva fede) quella versione come autentica pur avendo sentito direttamente il direttore di «Avvenire». Un esempio per tutti «La Repubblica» di lunedì 18 aprile, che titola «Avvenire contro Moretti: Boicottiamo il suo film il Papa non si tocca», senza nessun riferimento alle lettera nemmeno nei sommari.
Ma non solo: nell’articolo si cita Tarquinio, affermando di averlo sentito direttamente, il quale spiega che per il suo giornale fa fede quello che ha scritto la Corradi e che «Avvenire» non è contro il film. Ma come si sa la maggioranza dei lettori legge solo i titoli e il gioco è fatto. Poi è arrivato anche il giudizio della Commissione nazionale valutazione film che definisce il film di Moretti «complesso e segnato da superficialità». Ma nemmeno questa (nonostante qualche lettura televisiva) è una condanna al rogo, visto che in conclusione la Commissione della Cei indica che «il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in occasioni successive cone prodotto italiano dai molti spunti di riflessione».
Per concludere dico che il nostro giudizio, come «Toscana Oggi», è affidato come sempre alla penna acuta del nostro Francesco Mininni (la recensione condivisa! è pubblicata qui). Ma lasciatemi anche dire che diventa davvero insopportabile, come cattolici, essere accusati di caccia alle streghe da chi le streghe le caccia davvero.
DI FRANCESCO MININNI