Lettere in redazione
Quei processi senza colpevoli
Il processo di Perugia: negli ultimi giorni non si è parlato di altro. Dopo la sentenza, sono passati alla ribalta delle cronache gli assolti, poca attenzione per i familiari della vittima. In un paese dove il Premier ha più processi che capelli in testa, in un Paese dove al Tribunale di Milano sfilano ragazze facili, leccapiedi e lestofanti, ma sopratutto in un Paese dove tutte le volte che si celebra un processo «scomodo», come per la strage di Ustica, finiscono tutti assolti, la gente si accanisce sugli schermi televisivi di fronte all’ennesima sequenza di immagini e dichiarazioni francamente ridondanti. Se non ci concentreremo sulle cose importanti, saremo declassati anche sul piano morale, oltre che dalle agenzie di rating.
Per prima cosa non facciamo di tutta l’erba un fascio, altrimenti si rischia il qualunquismo. E stiamo ai fatti senza improvvisarci inquirenti né tantomeno giudici. I fatti di Perugia ci dicono comunque di una stortura: se i due ragazzi, Amanda Knox e Raffaele Sollecito, sono innocenti (e al momento lo sono) hanno subito, nel pieno della loro giovinezza, una carcerazione ingiusta che li segnerà per tutta la vita; se sono colpevoli (ma il processo d’appello per ora dice il contrario) abbiamo due assassini che girano liberamente, uno in Italia e l’altra negli Stati Uniti. Dobbiamo anche dire, sempre stando esclusivamente ai fatti, che tra i due il torto più grosso l’ha subito Raffaele Sollecito in quanto Amanda Knox doveva in ogni caso scontare una condanna a tre anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, risultato innocente. In questo caso i fatti (sempre e solo i fatti) ci dicono che la Knox è stata capace di mentire. Altro fatto è che in carcere, al momento, rimane il ragazzo africano Rudy Guedé, che ha patteggiato a suo tempo una condanna a 16 anni per concorso in omicidio. Adesso manca totalmente colui o colei o coloro che Guedé avrebbe aiutato nell’omicidio. Resta invece una ragazza inglese, Meredith Kercher, brutalmente sgozzata e una famiglia (che ha sempre dimostrato grande dignità) a cui la figlia e la sorella è stata uccisa due volte, non tanto perché i due ragazzi sono stati assolti ma perché non si è in grado di dare un nome e un volto al colpevole o ai colpevoli. A loro soprattutto, come giustamente sottolinea il nostro lettore, dobbiamo guardare e pensare. Mentre al di là del processo, stando sempre ai fatti, non si può negare che ci sia stato un gioco mediatico concentrato su Amanda Knox (lo dimostra anche l’accoglienza da diva al suo rientro in patria) e non poche interferenze da parte di lobby americane, fino all’intervento del Segretario di Stato, Hillary Clinton. Ma di questa ulteriore stortura ne parla diffusamente in questo numero Giovanni Pallanti. Aggiungo solo il fatto non secondario del livello degli avvocati difensori che si è potuta permettere la famiglia Knox. Infine, restano i dubbi sulle prove e gli indizi raccolti durante le indagini: una volta, in primo grado, hanno portato alla condanna dei due ragazzi a 25 e 26 anni; una seconda volta, nonostante che il pubblico ministero avesso chiesto addirittura l’ergastolo, hanno portato all’assoluzione per non aver commesso il fatto. Questa è Perugia. Ustica è un’altra storia.
Andrea Fagioli