Lettere in redazione
Redditi degli italiani, qualcosa non torna
In questi giorni così difficili per l’«azienda Italia», mi sembra che nessuno centri il vero problema della nostra disastrata economia: l’evasione fiscale. Ho letto da qualche parte che potrebbe essere anche superiore a 300 miliardi di euro all’anno. Recuperarne anche solo la metà risolverebbe molti dei nostri problemi (quest’anno mettendo insieme tutte le «manovre» non si arriva a 80 miliardi) e soprattutto favorirebbe anche una maggiore equità. Perché quando poi il cittadino o le famiglie devono accedere ai servizi, dall’asilo nido alle prestazioni sanitarie, pagano in base al reddito accertato (tramite anche vari strumenti, a volte un po’ confusi o contraddittori).
Ma se io evado, oltre a sottrarre risorse alla collettività, ottengo poi anche un ingiusto beneficio con le esenzioni o riduzioni delle tariffe. Non è possibile leggere che parrucchieri e barbieri denuncino un reddito medio di 10 mila euro (poco più di 800 euro al mese), i meccanici di 15 mila, come i negozi di articoli sportivi, alberghi, pensioni e campeggi 21 mila euro, quando poi la media di un pensionato è 18 mila euro e quella di un dipendente 25 mila euro. C’è qualcosa che non va.
Effettivamente c’è qualcosa che non va. La stima di 300 miliardi di evasione è stata fatta da Krls Network of Business Ethics per conto del sito www.contribuenti.it, elaborando dati ministeriali e dell’Istat. E pochi giorni addietro la Uil ha presentato un suo studio, curato dall’Ufficio politiche fiscali del sindacato. Alle cifre che fornisce lei e che sostanzialmente mi sembrano corrette, lo studio Uil, coordinato da Domenico Proietti, ne aggiunge altre davvero significative. Ad esempio quello delle auto di lusso. Nel 2010 ne sono state vendute in Italia 206 mila, comprese 620 Ferrari e 151 Lamborghini, ad un prezzo medio di 103 mila euro. Ma nello stesso anno, osserva la Uil «solo 71.989 contribuenti, pari allo 0,17% del totale, hanno dichiarato al fisco più di 200mila euro, il reddito congruo a un acquisto di questo livello». Almeno due terzi di quei 206 mila acquirenti di auto di lusso sono evidentemente degli evasori.
Non si tratta di demonizzare una categoria di lavoratori, piuttosto che un’altra. I lavoratori dipendenti pagano tutto (quando non hanno un secondo lavoro, al nero, ovviamente), non perché sono più bravi e onesti degli autonomi o dei professionisti, ma solo perché costretti. «L’asimmetria tra i contribuenti soggetti al sostituto d’imposta e quelli che autodichiarano il proprio reddito si legge nello studio della Uil trova ulteriore conferma nella distribuzione dei redditi dichiarati dalle singole categorie: il 48% degli imprenditori e il 24% dei professionisti dichiara redditi inferiori a 15 mila euro; il 30% degli agricoltori dichiara redditi inferiori a 4 mila euro; il 37% dei lavoratori dipendenti e il 57% dei pensionati dichiara meno di 15 mila euro».
Il già citato studio ci dice anche che lo Stato sa quali settori produttivi sono più a rischio evasione: «secondo i dati dello stesso ministero dell’Economia trasmessi al Parlamento si legge nel documento della Uil , la distribuzione dell’evasione per settori di attività è la seguente: commercio, alberghi e ristoranti 46,9%; trasporti, comunicazione e altri servizi 33,8%; industria 10,8%; costruzioni 8,5%».
Certamente è un discorso anche culturale. Bisogna far capire che, anche in presenza di una tassazione eccessivamente esosa, come abbiamo in Italia, chi evade «ruba» all’intera collettività. Ma sono urgenti misure che favoriscano l’emersione del lavoro nero (che ha anche risvolti pesanti in termini di rispetto dell’ambiente e di sicurezza per i lavoratori) e dei redditi nascosti degli italiani.
Claudio Turrini