Opinioni & Commenti

È un’emergenza sanitaria non un flagello di Dio

Stiamo tutti seguendo, con attenzione e anche con un po’ di apprensione, le notizie riguardanti la diffusione del “coronavirus”.

Insieme alle notizie della cronaca, alle indicazioni che ci vengono date dalle Istituzioni, alle dovute attenzioni, il dibattito e la riflessione si sofferma anche sull’interpretazione di quanto sta accadendo, su quale messaggio questa situazione stia dando all’umanità intera. Qualcuno ha addirittura fatto allusione ad un “flagello” di Dio, a seguito delle cattiverie del nostro mondo.

Sembra utile un contributo alla riflessione per leggere in modo oggettivo una situazione che anzitutto è definita dalle coordinate della epidemiologia, un ambito nel quale non ci è possibile entrare non avendo la necessaria competenza.

La riflessione dunque si può soffermare su quale sguardo ci offre la fede nel vivere la particolare situazione di emergenza dovuta alla diffusione di questa sindrome influenzale.

Il Dio di Gesù Cristo, il Padre che la Bibbia e i Vangeli ci svelano è un Dio che salva, un Dio la cui natura è la misericordia, un Padre che ha inviato il suo Figlio per la nostra salvezza. Nelle varie situazioni che si incontrando nella vicenda umana è questo il volere di Dio che si deve cercare: il desiderio e la operosità del Padre che salva, del Padre che ama, di Colui che è il Signore della vita.

Non ci parlano di Dio coloro che, come profeti di sventura, intravvedono nelle drammatiche vicende umane, come la guerra o gravi situazioni di malattia e di contagio, la mano di Dio che punisce o che si fa volutamente più pesante per indurre alla conversione. Dio invita alla conversione, sostiene il bene con l’amore, con la misericordia, con la vita.

Il Dio di Gesù Cristo è il Dio svelatoci dal Cristo che si incontra nel vangelo anche come portatore di vita e di guarigione. Nel segno dei miracoli di guarigione operati da Gesù si scopre la vera volontà di Dio nei confronti del male e anche della malattia. Dio è colui che guarisce, che contrasta il male, che riporta la vita, e anche nelle vicende drammatiche della malattia e della morte non smette di essere il Vivente che salva.

Nella parola di Gesù la prova, la sofferenza e il pericolo per una situazione anche drammatica, non esprimono un’opera diretta del Padre per richiamare al bene il suo popolo, ma possono diventare occasione di riflessione sul senso della vita e sulla esigenza permanente di conversione.

Ci può aiutare dunque riflettere sulla particolare situazione che stiamo vivendo e che ci raggiunge all’inizio della quaresima, il tempo per eccellenza della penitenza e della conversione. Non è Dio che ci punisce, non stiamo vivendo l’inizio dell’apocalisse o la fine dei tempi, ma stiamo affrontando una emergenza e una vicenda che appartiene alle dinamiche della storia dell’umanità. Per tutti noi questo tempo, questa “prova”, può diventare occasione di rinnovata conversione, uno stimolo a riflettere sul senso della vita e sulla sua caducità, sulla autenticità della nostra esistenza e per il credente sulla fiducia data alla parola del Maestro.

L’Apostolo Giacomo ricorda che Dio “non tenta nessuno” (Giacomo, 1,13), Dio non punisce con la “prova”, ma ci invita a vivere questo tempo come rinnovata occasione per affidarci a Lui, scoprirlo come il Dio della vita, convertirci per credere alla sua Parola. E così conclude Giacomo: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce” (Giacomo 1,17). Da Dio possiamo sempre aspettarci solo il bene, anche di fronte alla delicata vicenda della diffusione di questa malattia; a Lui ci possiamo affidare e lo preghiamo perché ci assista, ci protegga, ci salvi; Lui ci invita a rinnovata conversione per essere luce e testimonianza di vangelo, per smascherare gli egoismi che la paura mette in luce e renderci più umani.

Sia così la quaresima che iniziamo in modo così singolare: un tempo di grazia, un tempo propizio per la nostra conversione e per un rinnovato sguardo al Dio che ama e che salva e insieme all’altro come fratello da custodire.

*vescovo delegato CET per la pastorale della salute