Opinioni & Commenti
Tra gli under 30 nostalgia di una stagione dove l’obiettivo era il bene comune
Nel mondo cattolico c’è tanta nostalgia di buona politica. Fra i vescovi come nel popolo delle parrocchie e fra i giovani cattolici. Forse un po’ meno nell’associazionismo e in quell’arcipelago di corpi intermedi che hanno costruito la presenza sociale del cattolicesimo in Italia. Vittime predestinate non solo della propria debolezza strutturale e finanziaria, ma anche di quella sudditanza alla politica politicante che ha ammorbato la vita pubblica. Non mancano, ovviamente, solide eccezioni, ma il quadro generale segnala il silenzio assordante del laicato cattolico organizzato, al quale spetterebbe almeno l’esercizio del discernimento.
Certamente il desiderio di buona politica emerge con chiarezza dal confronto a più voci che Toscana Oggi ha promosso fra alcuni giovani (pubblicato sul n. 36) che non temono di sporcarsi con la politica e che ad essa e alla sua responsabilità non sono affatto indifferenti. Tutti sollecitati da un’intervista concessa dal cardinale Gualtiero Bassetti a questa testata nella quale, in sintesi, il presidente della Cei esclude la nascita di un nuovo partito cattolico (fonte di «nuove divisioni») e auspica, piuttosto, la ricerca di una unità «sui principi irrinunciabili del Vangelo di Dio, ma anche del Vangelo dell’uomo». Quel ponte fra cielo e terra che dovrebbe stare a cuore a tutti i credenti che non dimenticano il qui ed ora dell’umanità. Di cui la politica, nella ricerca del bene comune, dovrebbe farsi carico quotidianamente. Mentre appare indifferente e distratta, presa com’è dalle logiche di Palazzo. Ovvero, di accumulo di consensi in una perenne, estenuante, campagna elettorale.
Di sicuro, da parte dei giovani cattolici viene la domanda di dialogo, confronto e concretezza. Uno stile generale (più volte detto sinodale) non molto diverso da quello indicato da Papa Francesco a Firenze, in occasione del convegno ecclesiale (novembre 2015) quando chiedeva ai cattolici italiani di rendere visibile «il nostro umanesimo che è Gesù» quale migliore «antidoto al populismo». Non un progetto politico, ma uno stile, una postura che lo stesso Bassetti ha tradotto così: «un pensiero e un metodo cristiani da proporre, insegnare e seguire». Ma basterebbe chiedere a questi giovani cattolici, che pure sono il nostro futuro, se le loro comunità li appoggiano o almeno li seguono con simpatia, per rendersi conto della distanza e del disinteresse, se non addirittura dello scetticismo e della freddezza. Per non dire dell’assenza quasi totale, nel mondo cattolico, di luoghi del discernimento comunitario sui temi propri della politica, cioè della nostra vita comune. Dove imparare a «pensare politicamente».
Toscana Oggi ha offerto un luogo per parlarsi senza veli. Ecco una breccia aperta nell’indifferenza e nel silenzio. Ma non sfugge a nessuno che, fatte salve alcune esperienze virtuose, i nostri giovani non hanno luoghi nei quali far emergere un pensiero e un metodo cristiani. Così come non ci si può fermare alla pura esortazione al dialogo e al confronto, quasi che i giovani abbiano una loro bacchetta magica. Occorre coltivarne con fiducia le vocazioni, garantire loro libertà, assicurare la fiducia degli adulti, offrire spazi concreti di dialogo nei quali possano cominciare a stimarsi e a valutare la prospettiva di coltivare una unità che superi virtuosamente le fratture generate dai partiti e dalle loro incerte e frammentate culture politiche. Infine, occorre concretezza, per la quale non c’è spazio migliore di quello del territorio in cui si vive. Dove forse è ancora possibile esercitare un sano civismo, senza tentazioni messianiche, ma con la consapevolezza che ogni scelta umana ha bisogno di senso e che i cattolici forse ne hanno ancora una buona riserva da spendere.
Ecco, così si contrasta l’insignificanza dei cristiani, evocata e temuta dal cardinale Bassetti.