Opinioni & Commenti
Carlo e Gabriella, da Sansepolcro una scia luminosa di bene
Come avanzano il bene e il male? Non riusciamo a fare ipotesi e neppure supposizioni, poiché la vita ci stupisce continuamente nel suo accavallarsi di luci e di ombre, nell’inseguirsi di gioia e di angoscia, che reciprocamente si nascondono o si svelano. Ogni giorno avvengono fatti che smontano sistematicamente ogni possibile nesso logico, ogni nostra accomodante conclusione. Uno degli ultimi, su cui si è attardata la riflessione di molti, riguarda l’incidente aereo in Etiopia, in cui hanno perso la vita 157 persone. Sia ben chiaro: per chi scrive – e, penso, anche per chi legge – il numero progressivo insopportabile di perdite di vite umane non aumenta il carico di dolore. L’asticella, nell’umano, rimane ferma al numero uno. Uno: chiunque sia, qualunque condizione o età abbia. Ma la comunità toscana, in questa vicenda luttuosa, è stata colpita da vicino per cui con più intensità si sviluppano sentimenti e sorgono considerazioni.
Nella mattina di domenica 10 marzo, Carlo Spini, 75 anni e la moglie Gabriella Vigiani, di Sansepolcro, in provincia di Arezzo, sono morti nel volo dell’Ethiopian Airlines che dalla capitale etiope Addis Abeba stava raggiungendo il Kenya. Carlo Spini era stato medico a Pieve Santo Stefano e Sansepolcro.
La moglie era un’infermiera. Nella struttura ospedaliera di Sansepolcro, lui aveva lavorato nel reparto di medicina generale, lei come caposala. Raggiunta l’età della pensione, nel 2002, Spini si era donato totalmente al volontariato in Africa, impegno cui era dedito da quando ancora lavorava. Era diventato presidente di Africa Tremila, una onlus bergamasca che ha realizzato molti progetti di solidarietà in diversi Paesi africani e a Cuba. L’opera dei coniugi Spini era instancabile: avevano costruito insieme anche un ospedale in Zimbawe. Erano persone perbene che una terribile tragedia ha fatto emergere all’attenzione di molti, moltiplicando, per converso, un grande bene.
Gli amici, la gente, il sindaco Mauro Cornioli, la comunità intera di Sansepolcro, hanno manifestato il loro affetto e la loro stima, segno tangibile che il bene, espresso nell’ordinarietà della vita, nel nascondimento, lontano dalle luci del circo mediatico, è conosciuto e capace di esprimere una vitalità contagiosa. A Sansepolcro tutti sapevano. I quattro figli hanno prolungato la scia luminosa di questo bene, commentando: «Hanno vissuto sempre insieme, sono andati via insieme». La loro testimonianza di un dolore sofferto, ma austero, ci ha riportato a riscoprire l’autenticità dei sentimenti, il pudore necessario per esprimerli, in modo che assuma uno spessore di dignità, proprio nel suo negare ogni sbavatura legata alla spettacolarizzazione del privato, ma strettamente connessa all’intimità del vissuto.
Come avanzano il bene e il male? Difficile fare ipotesi. Certo è che ognuno può contribuire, nella propria ordinarietà, a far crescere l’uno o arretrare l’altro. Basta, forse, staccare l’attenzione da parole urlate, lontane e ostili, inviate magari via etere dai microfoni di una radio, come la frase «l’avrei presa sotto con la macchina», riferita a Greta Thunberg. Basta, forse, superare quella cecità di prossimità che non ci fa vedere e apprezzare il bene che cresce, silenzioso, accanto a noi.