Opinioni & Commenti
La necessità di moderati e di moderazione
Eppure non sembra, guardandosi attorno, che la vita sociale e politica del nostro Paese profumi di concordia, di ascolto delle ragioni dell’altro, di comprensione profonda del disagio in cui vivono anche i nostri vicini, di dialoghi costruttivi fra tutti i soggetti, di rispetto delle più ordinarie regole civili. Per non parlare del discredito pubblico o dell’indifferenza che raccolgono parole come bontà, accoglienza e solidarietà. Ecco perché appare tanto più preoccupante la scomparsa della moderazione, così come dei suoi protagonisti. Anzi, per liquidarli più facilmente, li si associa al «politicamente corretto», indicato come la causa di tutti i mali della vita pubblica. Quasi che senza un «vaffa», una parolaccia pronunciata stentoreamente, un diverbio magari a favore di telecamera, un’aggressione senza alcun rispetto elementare dell’educazione, non si possa vivere e non si possa essere al passo coi tempi.
Solo qualche giorno fa ci è capitato di leggere un anatema contro quelli che preferiscono costruire ponti invece che muri. Il saggista, di cui preferiamo non fare il nome, scrive su un quotidiano nazionale che «la parola d’ordine del cretino planetario per farsi riconoscere e ammirare è: vogliamo ponti, non muri». E poiché non vuole lasciare zone d’ombra si fa più esplicito: «Il cretino planetario ripete sempre la stessa frase, sia che parli di migranti che di ogni altra categoria protetta. Lui è accogliente come gli prescrivono ogni giorno i testimonial del No muro, il Papa, Sergio Mattarella e Roberto Fico…».
Abbiamo citato questo esempio, ma se ne trovano a migliaia nella nostra povera cronaca quotidiana, per dimostrare come la moderazione sia scappata di casa. Sì, usiamo questa espressione colorita per farci capire meglio. In nome dell’odio verso il «politicamente corretto» che può aver stancato anche noi, ma senza indurci alla reazione scomposta e aggressiva, si possono attaccare quanti hanno un minimo di responsabilità pubblica dandogli gratuitamente del «cretino planetario». E che si tratti di un Papa, di un presidente della Repubblica o della Camera, a prescindere dalle nostre personali simpatie, ci appare assolutamente gratuito.
Non osiamo immaginare la qualità dei dialoghi in certi movimenti politici, ma possiamo farcene un’idea, misurando la qualità del nostro dibattito pubblico, assolutamente rilevatore di una povertà di idee prima che di linguaggio.
E allora, tutto questo per dirci che occorre la moderazione? Sì, anche a costo di sembrare ingenui o semplicemente impreparati alle battaglie politiche, sociali e culturali che il Paese si troverà presto a fronteggiare. Ma possiamo, ad esempio, andare incontro a una nuova campagna elettorale, quella per le Europee, senza che i moderati siano rappresentati, non diciamo nell’aula di Strasburgo, ma neanche nel dibattito pubblico? La moderazione, prim’ancora che un modo di fare è un modo di essere e di pensare. Quindi, diciamo la verità: c’è in giro, anche fra di noi, troppa gente che non riesce a fare pace neanche con se stessa. Figuriamoci mettersi in ascolto dell’altro, valutarne con libertà interiore le proposte, soppesare il giudizio, meditare la risposta e/o la reazione, proporre una soluzione che corrisponda al bene comune o all’interesse generale, accettare di poter fare un pezzo di strada insieme o separarsi senza azzannarsi. E magari utilizzare un linguaggio che non ferisce l’altro, pur non condividendo nulla.
Solo accettando questa impegnativa griglia antropologica e soprattutto alimentando la consapevolezza che dietro tanta violenza (esibita o celata) c’è una infinita povertà umana, i moderati possono tornare a svolgere un ruolo pubblico significativo. E soprattutto aiutare se stessi e il popolo a non farsi incantare dalle sirene. Che prima ti ammaliano e poi ti conducono a morte.