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Lettera aperta a San Lorenzo per le stelle cadenti e quelle da far cadere compresa una mezzaluna
Caro san Lorenzo, non te la prendere, è il destino dei santi: ci ricordiamo di voi solo nel momento del bisogno. Il nostro bisogno. E in questa estate 2016, dopo attenta disamina, abbiamo concluso che quello competente sei tu. Chi maneggia le stelle meglio di te? Nessuno. Chi ci fa stare a naso per aria per un notte intera? Tu. Quindi tocca a te.
È un’estate sciagurata fatta di brutture, ammazzamenti, stragi. Fanatici che si sono fabbricati un dio a loro uso e consumo, psicopatici che si credono dio, stupidi ma furbi che ne approfittano per alimentare la paura e procacciarsi una manciata di voti a costo della rovina della nazione che è un dettaglio di fronte alla propria personale fortuna…
Tutti dicono che la bellezza ci salverà, ma noi non sappiamo più pensarla, la bellezza, quindi non sappiamo fabbricarla. Non la sappiamo neanche riconoscere, infatti costruiamo case brutte, vestiti brutti, automobili brutte, canzoni brutte, tv brutta. Tu invece sì che te ne intendi. Che cosa c’è di più bello di una cascata di stelle? Che cosa può farci stare a naso all’insù, suggerendoci pensieri belli? Il problema è che un paio di notti ormai non bastano. Le stelle devi farle cadere per tutto agosto, minimo. Per questo ci rivolgiamo a te. Così stiamo con il naso per aria, le stelle ci lavano vie le psicopatie e il cuore si ricolma di bellezza.
Aspetta, non è finita. Ci sono stelle che cadono da sé. Alle Olimpiadi le stelle russe non ci saranno. Impasticcate di brutto. Neanche il nostro Tamberi, la caviglia gli ha fatto vedere le stelle: rotto. A Rio quante saranno le stelle tarocche, pompate di doping, quelle senza il bollino di san Lorenzo? San Lorenzo, sappiamo che è brutto dirlo, ma quelle stelle lì, che non valgono nulla, falle cadere. Ruzzoloni e capitomboli. Niente di grave, ma abbastanza per toglierli di torno. Poi, sull’onda dell’entusiasmo, vedi di far cadere non una stella, ma una mezzaluna. Che ci vuole? Neanche fosse una luna intera. È appena uno spicchio. Fai in fretta, perché sta facendo vedere le stelle a troppi turchi.
E infine, riempi di stelle cadenti e risorgenti il cielo dei disperati, affinché riprendano speranza; dei tristi a cui infondere allegria; dei senza patria affinché possano dire, in attesa di una nuova: il mio tetto è un cielo di stelle, e le stelle sono la mia patria. Ci rendiamo conto che è un duro lavoro, ma anche noi faremo la nostra parte: fuggiremo dalle città e dai borghi, saliremo in cima a un monte e aspetteremo le tue stelle: un pubblico entusiasta, si sa, giova allo spettacolo.