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Un vecchio prete è morto e darà vita. Una vittima? No, un martire nel cuore dell’Europa
Doveva essere lui, don Jacques. Lo aveva deciso il Dio invocato per tanti anni, pregato in silenzio per lunghi decenni tutti i giorni, offerto a tanti per tanti giorni. Lui aveva visto tante cose, la guerra, i cambiamenti sociali. Aveva visto cambiare la Francia – figlia prediletta della Chiesa, si diceva un tempo. Doveva essere lui il primo prete sgozzato in nome di Allah in terra europea dopo secoli e secoli. Lo aveva deciso il Dio che di certo ne conosceva la fede, la pazienza, il coraggio di una vita fedele alla Chiesa. Il primo prete martire in questo modo orrendo. Un vecchio prete, in un sobborgo, che fastidio dava? Ma la sua chiesa era un obiettivo sensibile – sì, lo era. Perché questi che sono entrati e l’hanno sgozzato non ragionano come noi ragioniamo. E allora li chiamiamo pazzi. Ma non lo sono per nulla.
Sono nichilisti islamici, combattenti di una guerra a pezzi che solo gli stupidi o gli interessati fanno finta di non vedere.
Ora hanno ammazzato un prete. In chiesa. Non è cosa più grave che ammazzare un ragazzo al Mc Donald. Ma forse non sanno questi lupi assetati di sangue che hanno commesso un errore. Perché se le tutte le altre persone uccise in Europa erano povere, disgraziate vittime del terrorismo, come le chiamano i media furbi e vili, padre Hamel invece è un martire. Un vero martire. Non come loro che muoiono dando morte. Lui è morto e darà vita. Un vecchio prete. Una vittima da poco, quasi, verrebbe da dire, meno importante dei tanti troppo giovani uccisi a Kabul, a Nizza a Parigi? Lui stesso, immagino, di certo già sta sorridendo delle nostre parole. Del nostro strano paradosso a riguardo della sua morte. Infatti, se nella logica del terrorismo, e nella logica della politica e della cultura che pavide o prepotenti attraverso guerre e leggi hanno alimentato terrorismo don Hamel è una vittima come le altre, e forse, se si può dire, quasi «meno importante» delle altre (era vecchio, lo sapeva pure lui, sarebbe d’accordo con noi) ecco nel computo più profondo don Hamel appartiene luminosamente, tremendamente alla razza dei martiri. E questo cambia le cose. Cambia molto le cose. Non le cambia per i media, e per il dolore di amici e parenti. E nemmeno per il dolore di altre vittime come lui. Ma cambia le cose al livello in cui le cose si comprendono.
Lui è un martire. Il primo in Europa – un vecchio prete – come tanti ce ne sono stati tra i cristiani nel mondo in questi anni e mesi che non abbiamo voluto vedere, nel quasi silenzio internazionale. Uccisi perché cristiani.
È stato ucciso da uomini che, sappiamo, erano francesi. Con in bocca il nome che danno a Dio, gli hanno tagliato la gola. Rispondono a un appello oscuro e mondiale: «colpite». Un grido di guerra. Che come un vento sta mietendo vittime ovunque. Ma il collo piegato di don Jacques dà una piega diversa a tutta la faccenda. Il suo sangue che si unisce allo sterminato sangue dei cristiani martiri sparso nel mondo chiarisce le cose (e di certo farà germinare frutti di fede e di giovinezza). Ci sono cosiddetti martiri che in nome di Dio uccidono e veri martiri che in nome di Dio muoiono. Chi preferirà la nostra ammirazione ? Il potere, la forza hanno molte seduzioni. Ma il sacrificio di don Jacques – un vecchio prete in una vecchia Europa – come di tanti troppi cristiani nel mondo, sta chiarendo dove sta la luce e dove l’ombra.
In nome di Dio non si uccide, semmai in nome di Dio si muore. Ma la decadente, supponente, chiacchierona cultura europea non saprà onorare il martirio di don Jacques. Non capirà le differenze, continuerà a parlare una lingua lontana dalla vita.
Verranno altri martiri in terra europea. L’invito del Papa a essere fratelli, a non considerare i confini un bene identitario (erano francesi questi assassini, no?) e a cercare tra uomini di fede autentica a collaborare contro l’odio, è l’unica strada. Le altre non funzionano. Non funziona la strategia di integrazione in nome della neutralità, non funziona una integrazione senza amicizia. E non c’è amicizia senza condividere e discutere delle cose importanti – come l’amore, come Dio. Non funziona più nulla di quanto inventato da questa politica europea. E la Francia, la bellicosa Francia sempre pronta a intervenire in giro per l’est e il sud del mondo per garantirsi la propria grandeur, si ritrova esposta, violata. Abitata dal primo evidente martire europeo. Da una piccola rosa recisa. Da questo vita piccola (era anziano, si torna bambini) sprigiona però una luce immensa. Che mostra come tutte quelle che i media, i politici, i commentatori chiamano «vittime» sono tutti, tutti martiri. Dio lo sa. Perché l’odio che uccide usando il nome di Dio fa morire in nome di Dio. Tutti martiri.
Hanno fatto un errore, i lupi assetati di sangue. Perché forse pensavano che per noi fosse già chiaro, che le nostre vittime le considerassimo già nostri martiri. Pensavano che ci sentissimo già dentro una guerra santa. I loro capi gliela raccontano così a queste teste bacate da odio e orrore. E ora hanno fatto l’errore di creare un indubitabile martire in Europa. Un vero e proprio martire. Uno che muore in nome di Dio, invece di essere come loro – che uccidono usando il nome di Dio. Padre Jacques non sapeva che Dio aveva deciso questo destino per lui. Forse se glielo avesse annunciato un qualche angelo con un bicchiere di rosso francese in mano non ci avrebbe creduto. «Io martire, un vecchio prete in un sobborgo francese?». Ma Dio ama la sua chiesa di amore furioso e dolce. E ha colto un dire strano, quasi che avesse paura di fare troppo male. E ha scelto il vecchio don Jacques. Per illuminare cosa sta succedendo. Perché i martiri sono più utili dei giornali per capire cosa succede. I martiri fanno sempre la differenza. E ora chiedono a tutti noi: ci sono uomini che uccidono usando il nome di Dio e un vecchio uomo sgozzato, martire per Dio. Da che parte stai? Da dove ripartire per guardare questo tempo cupo e spaventoso? Dal potere, dalla guerra? O dall’amore per il Dio di don Jacques, quel Dio che chiama amici i suoi, e che dice siete fratelli? Non ce ne eravamo dimenticati, pensando di costruire società «perfette» senza di Lui?