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Mps, l’illusione della cura «ricostituente»
Dal 2010/2011 in poi, ma forse anche qualche anno prima, i vertici che si sono susseguiti alla guida dell’istituto di Rocca Salimbeni, hanno puntato a risolvere i problemi con semplici «ricostituenti» utili solo a nascondere la reale situazione di una banca che era grave fin dai primi anni 2000 con l’acquisizione della banca del Salento, e dopo gravissima, con l’acquisto di Antonveneta. Quasi un tumore, forse curabile ma difficilmente operabile, con gli Npl (i crediti in sofferenza) sopra ai 27 miliardi di euro. Un problema che la politica, in particolare quella del passato, ben conosce perché al Monte come alle altre banche italiane, da sempre è stato chiesto di sostenere l’economia del Paese con l’acquisto di titoli di Stato, e di finanziare grandi gruppi che spesso non hanno restituito quanto avuto.
Negli ultimi giorni è stata la lettera della Banca centrale europea, con la richiesta di ridurre entro il 2018 di almeno 10 miliardi questi crediti, a portare alla luce la situazione, anticipando di meno di un mese quella che potrebbe essere l’esplosione del problema con i risultati degli stress test dell’Eba, l’autorità di controllo europea, il 29 luglio. E allora, mentre c’è già chi teme il bail in per Mps, una soluzione drastica ma che sarebbe drammatica per l’intero sistema finanziario (non solo italiano a europeo), tutti si scoprono grandi economisti.
In realtà le soluzioni, tenendo conto delle regole esistenti, non sono molte e hanno bisogno del contributo di tutti. Per primi i senesi, ancora troppo legati alla difesa della così detta senesità. Solo ora qualcuno si rende conto di quale errore fu il voler mantenere il controllo della banca da parte della Fondazione. Oggi lo stesso errore lo ripeterebbe chi pensasse di creare problemi a un’eventuale alleanza (per la verità cercata senza successo negli ultimi tre anni) se il costo dovesse essere la partenza dei vertici da Siena. A volte i chirurghi devono amputare un arto per salvare la vita.
All’attuale management, il presidente Massimo Tononi e l’ad Fabrizio Viola, potrebbero non bastare le soluzioni dell’attuale Piano industriale, che ha già visto l’uscita di circa 5 mila dipendenti. Pure i sindacati devono riuscire a guardare avanti: pochi sono i clienti che si recano ancora nelle filiali. Quasi tutte le operazioni vengono fatte con i mezzi tecnologici e nel futuro questa sarà la parte predominante dell’attività di una banca.
Il Governo pensa a un sostegno non solo per Mps ma in generale per il sistema bancario. Chi dice che quello italiano è nettamente più forte e sicuro di quello tedesco, non dice il falso. Il problema è che in Europa comanda la Germania e Angela Merkel mai farà cadere le sue banche. Il compito affidato al premier Matteo Renzi e al ministro Pier Carlo Padoan, è far «digerire» all’Unione un possibile intervento pubblico da realizzarsi con un nuovo Fondo Atlante, con l’intervento della Cassa Depositi e prestiti, con un intervento ancora più diretto come potrebbe essere quello con i Padoan-bond, per sostenere la ricapitalizzazione che Mps.
Si parla di circa 5 miliardi di euro: risorse che difficilmente la banca potrà trovare nel mercato, come auspicato da Renzi. Un intervento pubblico è fondamentale per dimostrare che lo Stato scommette sull’operazione, anzi ci crede. Di certo andranno salvati gli obbligazionisti di Rocca Salimbeni. Nel novembre 2015 non fu possibile farlo per Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife. Questa volta le conseguenze sarebbero ben più gravi.
Con il titolo che nell’ultimo anno ha perso oltre l’80% del suo valore il Monte vale meno di un miliardo. Questo è un altro problema. Da tempo si parla di creare una bad bank (all’Europa non piace ma potrebbe digerirla) nella quale portare i crediti deteriorati del Monte e non solo. Una volta liberato delle sofferenze Mps diventerebbe davvero «appetibile» per altre banche, soprattutto straniere, anche se molti guardano a Ubi come l’ultima spiaggia per far sì che quella di Siena resti, come diceva una sua recente pubblicità, «una banca Italiana».