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La visita del Papa in Armenia tra memoria e condanna dei genocidi
«Prego, col dolore nel cuore perché mai più vi siano tragedie come questa, perché l’umanità non dimentichi e sappia vincere con il bene il male; Dio conceda all’amato popolo armeno e al mondo intero pace e consolazione. Dio custodisca la memoria del popolo armeno. La memoria non va annacquata né dimenticata; la memoria è fonte di pace e di futuro». Papa Francesco ha scritto queste parole sull’albo d’oro del memoriale del Genocidio armeno, a Tzitzernakaberd, dove sulla «collina delle rondini» si trova il Memoriale con il quale l’Armenia vuole ricordare al mondo il genocidio del popolo armeno del 1915 da parte dell’Impero Ottomano. Il tema della memoria da conoscere e da vivere in una prospettiva che alimenti riconciliazione e dialogo è stato il filo rosso della visita pastorale di Papa Francesco in Armenia, che è stata la prima tappa nel Caucaso, dove il Papa tornerà alla fine di settembre per visitare la Georgia e l’Azerbaijan. Nei suoi incontri, a vario livello, dalla visita di preghiera alla cattedrale apostolica di Etchmiadzin, all’incontro con le autorità civili e con il corpo diplomatico nel palazzo presidenziale, all’omelia della celebrazione eucaristica a Gyumri, fino alle parole durante la divina liturgia ancora nella cattedrale apostolica Papa Francesco è tornato più volte sulla storia del popolo armeno, delle sue sofferenze che hanno rafforzato la sua fede cristiana.
Anche la fede cristiana era la causa della persecuzione alla quale gli armeni sono stati sottoposti, più volte nel corso dei secoli; il martirio del popolo armeno rappresenta una ricchezza spirituale per tutti i cristiani che possono trovare nell’esempio che gli armeni hanno dato una forza del tutto particolare per testimoniare Cristo. Il papa ha ricordato il genocidio degli armeni del 1915, sottolineando le responsabilità non solo di coloro che lo hanno compiuto abbandonando ogni senso di umanità ma anche di coloro che hanno voltato lo sguardo di fronte alla tragedia che si stava compiendo; papa Francesco è così tornato a parlare del genocidio degli armeni sul quale già era intervenuto un anno fa, quando si era rivolto agli armeni, uniti a Roma, che stavano celebrando il proprio Sinodo, citando la dichiarazione comune di Giovanni Paolo I e di Karekin I che già nel 2001 aveva condannato il genocidio degli armeni, il primo del XX secolo: allora, come in questi giorni, il governo turco ha espresso la sua contrarietà per queste affermazioni, contestando ancora una volta l’uso del termine genocidio e accusando papa Francesco di volersi ingerire in questioni politiche che per Ankara non devono appartenere alla Chiesa Cattolica se non nell’ottica del recupero di una mentalità di «crociata».
Papa Francesco ha chiesto di coltivare la memoria del genocidio per favorire un cammino di riconciliazione che rappresenta un passo fondamentale nella costruzione della pace con la quale sconfiggere la violenza; papa Francesco si è rivolto a tutti, con una particolare attenzione ai giovani, che per il papa devono essere protagonisti di un tempo di dialogo e di accoglienza, uscendo da quella apatia che toglie la speranza per un domani nel quale, grazie all’impegno dei giovani, la pace deve essere realmente il fondamento di una società diversa da quella presente.
Nella visita ampio spazio è stato dedicato alla dimensione ecumenica: fin dal tempo del concilio Vaticano II la Chiesa Armena Apostolica e la Chiesa Cattolica hanno iniziato un dialogo per la riscoperta del comune patrimonio spirituale; con Giovanni Paolo II questo dialogo ha avuto un ulteriore sviluppo, anche per la visita compiuta dal pontefice polacco proprio in Armenia, che papa Francesco ha ricordato nel suo primo incontro con Karekin II, a Roma, nel maggio 2014. Di fronte alle parole del catholicos Karekin II, che proprio nell’incontro ecumenico di preghiera per la pace ha ricordato tensioni e conflitti nei quali è immersa l’Armenia, minacciata della sua stessa esistenza dai vicini, papa Francesco ha rilanciato la forza della riconciliazione come elemento fondamentale nella testimonianza ecumenica che i cristiani del XXI secolo devono vivere per superare lo scandalo della divisione e per rafforzare la missione della Chiesa.
In questa prospettiva, accanto ai gesti di fraternità evangelica di papa Francesco e del catholicos Karekin II, anche durante questa visita, si deve leggere la Dichiarazione comune, firmata nell’ultimo giorno della visita, dove si ribadisce che «lo spirito ecumenico […] impedisce la strumentalizzazione e manipolazione della fede, perché obbliga a riscoprirne le genuine radici, a comunicare, difendere e propagare la verità nel rispetto della dignità di ogni essere umano e con modalità dalle quali traspaia la presenza di quell’amore e di quella salvezza che si vuole diffondere. Si offre in tal modo al mondo – che ne ha urgente bisogno – una convincente testimonianza che Cristo è vivo e operante, capace di aprire sempre nuove vie di riconciliazione tra le nazioni, le civiltà e le religioni».