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E Pistoia s’interroga su cosa significhi essere capitale della cultura
Che non se lo aspettasse nessuno, si vede pure dal dossier di candidatura: 60 pagine (cfr sito del Comune) che mettono «in bella» ciò che Pistoia già fa e mettono in fila opere che attendono la concretezza (e i tempi) dei progetti operativi. È stata scelta la «città rocciosa» (Piero Bigongiari) adesso sfidata a «schiudere il guscio facendo attenzione a non frantumarlo». E sarà interessante capire cosa faranno ora a Pistoia, superata la sorpresa, per arrivare a un traguardo davvero vicino.
Due, nel dossier vittorioso, gli ambiti indicati con 20 azioni per una spesa di 15 milioni: riqualificazioni urbane (ex ospedale, mura urbane, piazze, chiese …) e infrastrutture (palazzi storici, teatro, biblioteca). Un’altra tabella indica le «somme previste» con una cifra (6 milioni, di cui uno arriva dal ministero come premio per il titolo e il resto soprattutto da Comune e Fondazione Cassa di Risparmio): ulteriore testimonianza di come grande sia il lavoro da compiere, anche verso Regione e privati, per raggiungere l’altra cifra realizzando, certo in più anni, quelle opere. Elevato, nella vittoria, il richiamo alla oggettiva bellezza della città e al fattore «religioso»: chiese, pulpiti, fregio robbiano, dipinti, piazza Duomo, Santiago di Compostela.
E il 2017 vuol dire Ippolito Desideri, il gesuita pistoiese che 300 anni fa iniziò la sua azione evangelizzatrice in Tibet. Resta da capire cosa significhi essere «capitale» della cultura; cosa significhi al di là del turismo sperato e per il quale la città, piano piano, sta colmando lo storico deficit di ospitalità alberghiera; cosa significhi per gli abitanti (92 mila che salgono a 288 mila nella provincia) e se quel «guscio», pieno anche di tradizionali divisioni, sarà davvero capace di schiudersi e di stupire.
Per adesso a Pistoia si godono la soddisfazione. Nessuno se lo aspettava, nessuno ci credeva, ma la città dei vivai e dei confetti, del blues nelle piazze e degli organi nelle chiese, di Michelucci e di Bolognini, del medioevo e dell’arte contemporanea (pure dei piatti musicali. Quelli usati anche dai Rolling Stones) sta per diventare «capitale della cultura». Adesso deve correre. Per dimostrare che la scelta era quella giusta.