Opinioni & Commenti
Il messaggio disarmato e disarmante dell’Avvento
Ho pensato alla richiesta inoltrata il 10 gennaio 1989 dall’Abbé Pierre alla Sorbona e all’Eliseo, per una «Marsigliese della fraternità», ritenendo «scandaloso, inneggiare al sangue ed al massacro». Forse, l’Inno europeo sarebbe stato più indicato. So bene che avrebbe richiesto una maggiore «dose» di coraggio, ma sicuramente è più provocatorio. Nel linguaggio universale della musica, questo inno di Beethoven esprime gli ideali di libertà, pace e solidarietà dell’Europa. E nulla avrebbe tolto alla doverosa condivisione contro l’insensata follia realizzata a Parigi e dintorni.
La via del dialogo, anche, e direi specialmente, religioso è e resta sempre la scelta, il metodo e l’impegno, forse non il più facile, ma sicuramente il più immediato e positivo, per tutti.
La via delle «armi», (di qualsiasi nazionalità esse siano, anche quelle italiane, poiché la legge n. 185 del 1990, è sistematicamente disattesa!), porta inevitabilmente alla guerra, all’odio, al massacro senza fine e senza scampo, al sangue impuro o puro che sia, ma sempre sangue di fratelli e sorelle, figli dell’Unico Dio, comunque Lo si chiami!
La via del dialogo, comincia dal disarmo. Disarmo delle armi; disarmo dei nostri cuori. Bene hanno fatto i vescovi francesi (cfr. Avvenire 19.11.2014 pag. 6) a pubblicare una preghiera scritta da frère Dominique Motte, «nello spirito di Tibhirine» evocando l’assassinio dei sette monaci trappisti nel 1996, rivendicato dal Gruppo islamico armato algerino. Già nel titolo: «Signore, disarmali e disarmaci» è provocatoria…
«Disarmali: sappiamo quanto questa violenza estrema sia il sinistro pane quotidiano in Irak, in Siria, Palestina, Centrafrica, Sudan, Eritrea, Afghanistan. Ora si è impossessata di noi».
«Disarmali, Signore; e fa che sorgano in mezzo a loro profeti che gridano la loro indignazione e la loro vergogna nel vedere che hanno sfigurato l’immagine di Dio».
«Disarmali Signore…Disarma anche noi (…) Dacci la capacità di ascoltare profeti guidati dal tuo Spirito. Non farci cadere nella disperazione…».
«Disarmaci e fa’ in modo che non ci irrigidiamo dietro porte chiuse (…).
Disarmaci, a immagine del tuo Figlio adorato la cui sola logica è la sola veramente all’altezza degli avvenimenti che ci colpiscono: “Non prendono la mia vita. Sono io che la dono”».
In questi giorni in cui tutti o quasi siamo «armati», e non pochi con vere armi, il messaggio della Chiesa, va, come al solito, controcorrente. Questa domenica 29 novembre, inizia l’Avvento. Attendiamo il Signore nella vigilanza. Chiediamo il dono della fede e della carità a Colui che conduce la Storia e la nostra vita verso la beatitudine. Perché la Chiesa si faccia prossima a tutte le persone che sono in attesa di un segno di solidarietà e speranza. Perché i credenti si facciano annunciatori di cieli e terra nuovi nell’impegno per la giustizia e per la pace. Perché i poveri, gli emarginati e i dimenticati delle nostre città sperimentino nella sollecitudine delle comunità cristiane l’efficacia della salvezza portata da Gesù. Perché la nostra comunità cresca e abbondi nell’amore vicendevole verso tutti, per presentarsi in santità all’incontro con il Signore.
Ed in questo Avvento 2015, l’attesa del Dio che si fa Uomo per Amore, si arricchisce del Giubileo della Misericordia, la cui apertura, prevista per l’8 dicembre, Papa Francesco, con una scelta veramente rivoluzionaria, ha voluto anticiparla proprio all’avvio dell’Avvento, approfittando della sua visita a Bangui, capitale del Centrafrica, ove islamisti bruciano chiese e sgozzano cristiani…
Giubileo della Misericordia. Non certo per provocazione. Semplicemente per «bisogno» di aprire le porte, a Cristo! «La gestione simbolica delle “porte” – delle soglie, dei passaggi, delle frontiere – è diventata cruciale. La porta deve custodire, certo, ma anche non respingere… l’ospitalità risplende nella libertà dell’accoglienza, e si oscura nella prepotenza dell’invasione».
Purtroppo non posso riprendere tutta la splendida considerazione sulla «porta» fatta da Francesco nell’udienza dello scorso mercoledì. Ma va letta, meditata tutta… È un inno alla misericordia di Dio, un esaltante invito a fare delle nostre soglie di casa, un segno dell’accoglienza del Signore, per non mortificare il Vangelo e non inaridire il mondo. Una provocazione alla pace.