Opinioni & Commenti
L’accoglienza è figlia della misericordia
Dobbiamo constatare che vasti settori dell’opinione pubblica europea, dunque anche italiana, manifestano grande insofferenza di fronte all’acuirsi del fenomeno migratorio. Si tratta di una sfida, strettamente connessa a quella dell’integrazione e della tutela delle libertà, rispetto alla quale vi è un forte condizionamento da parte di chi specula, manipolando le coscienze e seminando zizzania. Ecco che allora lievitano pregiudizi a dismisura, ispirati troppo spesso da una rappresentazione fittizia della realtà. È un problema di onestà intellettuale, per credenti e non credenti, che riguarda il rispetto dei diritti universali in un mondo segnato dalla globalizzazione dei mercati.
La posta in gioco è alta perché questioni strategiche quali, ad esempio, quelle della legalità e della pacifica convivenza in una società interculturale, non possono e non debbono essere rappresentate in funzione dello «share» o del numero di copie vendute, meno che mai del consenso elettorale indotto da una paura metafisica. Sono decenni, soprattutto nel nostro Paese, che passiamo da un’emergenza all’altra, tutte segnate da fibrillazioni ansiogene per l’arrivo di albanesi, rumeni, bosniaci, per non parlare degli sbarchi più recenti, sulle nostre coste, di matrice africana e mediorientale. Tenendo conto dell’imminente Anno della Misericordia, papa Francesco ha scelto per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si svolgerà il 17 gennaio 2016, un tema che ha l’obiettivo di scuotere le coscienze: «Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia». Di fronte al flusso di tanta umanità dolente che proviene dalle periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo, il pontefice invita le nostre comunità ad operare un sano discernimento, interpretando uno dei più significativi «segni dei tempi» della nostra Storia, quello della mobilità umana, alla luce del Vangelo.
Di fronte al rischio evidente che questo fenomeno sia soffocato dall’egoismo, il vescovo di Roma presenta il dramma dei migranti e rifugiati come realtà che devono interpellare l’animo umano. Un indirizzo, questo, peraltro, in sintonia con la Bolla d’indizione dell’Anno Santo, «Misericordiae vultus» nella quale papa Bergoglio afferma: «Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto […]. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo» (n. 15).
In questo contesto, il pontefice invita il popolo cristiano a riflettere durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale, tra le quali si trova quella dell’accoglienza nei confronti dei forestieri. E questo senza dimenticare che Cristo stesso è presente tra i «più piccoli», e che alla fine della vita saremmo giudicati dalla nostra risposta d’amore (cfr. Mt 25,31-45). Essendo discepola di Nostro Signore, la Chiesa è sempre chiamata ad «annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna» (Misericordiae vultus, n. 16), rendendo intelligibile la relazione tra giustizia e misericordia, due dimensioni di un’unica realtà (cfr. Misericordiae vultus, n. 20) che dovrebbe entrare a pieno titolo nella pastorale ordinaria delle nostre comunità. Qui s’impone un deciso salto di qualità nel nostro modo d’intendere l’accoglienza che vada ben al di là della procedura umanitaria, affermando una decisa opzione culturale che aiuti l’opinione pubblica a superare le chiusure dell’anima.
In questa prospettiva, il primo discrimine per tutti, ma davvero tutti, è chiedersi quali siano le vere ragioni della mobilità umana, rispetto alla quale, è sempre più evidente l’algido cinismo dei benpensanti. Quanto pesa nel nostro discettare, spesso a vanvera, la miseria di quei popoli, quasi mai mediatizzati, ai quali abbiamo imposto oneri a non finire affinché l’azione predatoria nei confronti delle loro risorse passasse indisturbata? Poco importa che l’oggetto del contenzioso siano minerali pregiati o fonti energetiche, la verità scomoda, che molti vorrebbero davvero non trapelasse, è che il nostro mondo civilizzato (o presunto tale) continua ad imporre il primato del business sul sacrosanto valore della persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio. Questo, è bene rammentarlo, non è chiacchiericcio intriso di «buonismo», ma Vangelo.