Vita Chiesa

8xmille: don Leonardo di Mauro (Cei), «alla fiducia degli italiani rispondiamo con il massimo rigore»

Dal 1990 ad oggi 14.529 progetti sono stati realizzati grazie ai fondi 8xmille che la Chiesa italiana decide di destinare ai Paesi in via di sviluppo. Solo nell’ultimo quadriennio (2013/2016) i progetti approvati sono stati 2.727 per un importo complessivo di euro 370.432.687,49. Paesi di Africa, America Latina, Asia, Europa dell’Est, Medio Oriente, Oceania. Progetti di formazione e sviluppo sociale a favore della scolarizzazione dei bambini, alfabetizzazione degli adulti, prevenzione e cura delle malattie, sviluppo agricolo, promozione della donna, a fianco dei rifugiati di guerra. Dietro a ogni progetto, c’è un popolo di persone che per conto di diocesi, parrocchie, Caritas e Ong, hanno deciso di spendere la propria vita o un periodo per i più poveri nelle periferie del mondo. Siamo andati da don Leonardo di Mauro, responsabile del Servizio degli interventi caritativi a favore dei Paesi del terzo mondo della Conferenza episcopale italiana, per capire come nasce e si sviluppa un progetto. Un ufficio composto da 12 persone. È qui che arrivano le proposte e da qui partono i finanziamenti.

Don Leonardo di Mauro, con quali criteri si scelgono i progetti?

«Prima di tutto si verifica la bontà del progetto, se il progetto è pensato e presentato bene nei contenuti e nella forma. Si analizza poi la validità di quello che si vuole fare, se è utile per la gente del Paese e se c’è l’approvazione del vescovo locale o della Conferenza episcopale del Paese. Dopodiché l’altro criterio è quello di vedere la congruità del budget. Non tutte le voci sono finanziabili: non si possono, per esempio, finanziare le spese di gestione e il mantenimento delle opere, ma solo le spese vive che richiede la realizzazione del progetto».

Chi decide?

«La decisione finale viene presa dalla Presidenza della Cei che firma il decreto di finanziamento. C’è però un Comitato che offre alla presidenza il suo parere. È un Comitato consultivo, tecnico, specializzato, che entra nel merito dei progetti e dà il suo parere per il finanziamento. Questo avviene però solo dopo una fase di analisi del progetto realizzata dal Servizio di cui al momento sono responsabile. In questa prima fase, il progetto viene visto e studiato attentamente. Se ci sono delle imperfezioni, il progetto viene messo in istruttoria e si chiedono ulteriori documenti agli organismi proponenti. Quando si ritiene che il progetto è pronto, viene inviato ai membri del Comitato un mese prima della riunione. Per cui ogni progetto alla fine ha una scheda redatta dal Servizio e un’altra redatta dall’esperto del Comitato e queste due schede vengono confrontate nella sede di riunione del Comitato. È lì che si prende la decisione, il parere finale che viene verbalizzato e trasmesso alla Presidenza per la firma del decreto di finanziamento».

Chi fa parte del Comitato?

«Il Comitato si riunisce 6/7 volte l’anno ed è formato da 14 membri. Il presidente è il vescovo di Susa, mons. Alfonso Badini Confalonieri. Poi ci sono 3 membri di diritto che sono i responsabili del Servizio degli interventi caritativi a favore dei Paesi del terzo mondo, della Caritas italiana e della Fondazione Missio. E ancora: 3 persone prese dal Consiglio missionario nazionale e 8 esperti nominati dal Consiglio permanente scelti tra professori universitari, medici, ingegneri, persone che hanno esperienza di cooperazione».

Chi presenta i progetti?

«I soggetti che possono presentare i progetti al nostro Servizio sono preferenzialmente le Conferenze episcopali e le diocesi dei Paesi poveri che fanno parte della lista Ocse che abbraccia i Paesi a basso e medio-basso reddito. Presentano progetti anche le Caritas e organizzazione non governative. In questo caso, è necessario il riconoscimento del loro operato da parte dei vescovi locali».

In che percentuale alla fine vengono approvati?

«Ogni anno riceviamo quasi 1.300 progetti e ne vengono approvati 700/750. Nel 2016 sono stati approvati un totale di 589 progetti e 748 nel 2015. Per cui possiamo dire,più della metà».

Una volta che il finanziamento è approvato, cosa succede? Come fate a controllare che il progetto si è realmente realizzato?

«Innanzitutto se la somma è importante, viene divisa in tranche e ogni tranche deve essere regolarmente rendicontata. Non possiamo autorizzare l’invio della seconda tranche se la prima non è stata rendicontata con una relazione, con giustificativi contabili e con delle foto. E poi a campione facciamo anche delle visite sul posto».

A proposito di queste visite, il progetto oltre al finanziamento ha anche una vita. Cosa c’è dietro un progetto?

«Innanzitutto dietro i progetti ci sono tanti volti. Che sono quelli delle organizzazioni proponenti, missionari e missionarie, uomini e donne, e tanti giovani che si spendono per gli ultimi, per i poveri, per le periferie. Dalle cose più semplici, come permettere ai bambini di andare a scuola o alle famiglie di avere una casa, a quelle più impegnative, come lottare contro la tratta degli esseri umani. E poi ci sono i volti dei beneficiari: è sempre una grande gioia poter constatare sul posto l’impatto che questi progetti hanno sulla vita delle persone, della comunità, delle famiglie. Nell’ultimo viaggio nelle Filippine, visitando un progetto di microcredito, alcune donne ci raccontavano come, grazie a questi micro-finanziamenti, erano riuscite ad avviare piccole attività e aiutare così la loro famiglia, migliorando la qualità della vita e permettendo ai figli di portare a termine gli studi. Ce lo raccontavano piangendo».

Alcuni dicono che il vostro servizio è l’immagine buonista dell’8xmille. Come rispondete a questa critica?

«Se c’è questa percezione, è perché ormai si è abituati ad interpretare il mondo e, quindi, anche la Chiesa secondo le categorie del profitto e dell’immagine. Da parte, invece, di chi ci sta dentro, posso dire che è un gesto di grande generosità. I bisogni sono tanti anche in Italia e la divisione dell’8xmille è equa, con un terzo al sostentamento del clero, un terzo per il culto e un terzo per la carità. Da questo terzo per la carità, la Chiesa italiana ha deciso di destinare un 10% ai Paesi del terzo mondo che sono purtroppo impoveriti a causa di un Occidente che prima li ha sfruttati e poi li ha dimenticati o continua a sfruttarli. Per questo, preferisco definire questa somma della Chiesa italiana come un atto di restituzione. Se la Chiesa lo fa per immagine? In realtà non se ne parla molto. Anzi ci stiamo sforzando di far conoscere sempre di più questa realtà che, di anno in anno, è cresciuta diventando oggi una foresta di progetti realizzati e in atto».

Ci sono novità per il 2017?

«Una novità che è cominciata nel 2016 e stiamo portando avanti: i progetti appena approvati, sono automaticamente pubblicati sul nostro sito www.chiesacattolica.it/sictm dove si possono visionare e conoscere cliccando su una carta geografica. È stato un passo in più che abbiamo deciso di fare per garantire la massima trasparenza e rigore. Abbiamo coscienza che questi dell’8xmille sono soldi pubblici e, quindi, sono soldi che i cittadini italiani affidano ancora con fiducia alla Chiesa italiana. A questa fiducia, la Chiesa risponde garantendo il massimo rigore nell’utilizzo e nella gestione».