Vita Chiesa
8×1000: la sfida della trasparenza
A Bologna non per affinare le tecniche di raccolta dei fondi da destinare alla Chiesa ma per «costruire un umanesimo di misericordia» anche attraverso l’uso trasparente e responsabile dell’8×1000. Sono oltre 15 milioni i contribuenti italiani che, nel 2012 (ultimo dato disponibile e usato per le ripartizioni del 2015) hanno destinato l’8×1000 alla Chiesa cattolica italiana. È su questa prospettiva di lavoro che gli oltre 200 incaricati diocesani per il Sovvenire sono riuniti da ieri nel capoluogo emiliano (fino al 14 aprile) per il loro convegno annuale.
Tema impegnativo quello scelto dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, organizzatore dell’evento, «Condivisione dei beni per un umanesimo di misericordia» e con chiari rimandi al Convegno ecclesiale di Firenze dello scorso anno e al Giubileo della Misericordia in corso.
Umanesimo di misericordia. «Nel Vangelo di Gesù – ha detto in apertura Donato Negro, arcivescovo di Otranto e presidente del Comitato per gli interventi caritativi nel Terzo Mondo – troviamo la via per un umanesimo che non sia antropocentrico cioè selvaggio consumatore e distruttore dell’ambiente e che non sia d’altra parte antiumano e disumano. Il Vangelo ci indica la via di un umanesimo della misericordia che abbraccia tutta la creazione perché integrale e integrante».
Un umanesimo che «abbatte i muri e costruisce ponti» e che sia «lo stile di un Paese e non solo della Chiesa», come evidenziato dal segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino.
«In un contesto di sussidiarietà la Chiesa non rappresenta un ammortizzatore di Governi che, per un motivo o per un altro, fanno fatica a tenere testa ai bisogni grandi del Paese. Vogliamo proporre un umanesimo che promuova qualcosa di nuovo senza essere assistenti sociali». E questo impegno deve esserci anche «nei confronti di chi nelle nostre chiese è al servizio degli scarti, dei più deboli, dei tossicodipendenti, dei migranti. Troppo spesso – ha rimarcato il segretario della Cei – consideriamo queste persone come gente che ha sue fissazioni. No. Sono persone che fanno parte della Chiesa».
«L’8×1000 – ha aggiunto – arriva anche perché ci sono laici, religiosi, preti e vescovi che si spendono per strada». Mons. Galantino ha poi richiamato il discorso di Papa Francesco al convegno ecclesiale di Firenze ricordandone gli appelli all’inclusione dei poveri e alla necessità di favorire amicizia sociale. «La condivisione dei beni – ha spiegato – si misura dalla capacità di utilizzo dell’8×1000 volto a costruire umanesimo di misericordia. A fronte di 1 miliardo di 8×1000 restituiamo 11 volte tanto. Ma non autocelebriamoci. No a narcisismi e autoreferenzialità».
Da Bologna si è levata anche la voce del senatore Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia, tra i creatori dell’8×1000, ai tempi del Governo Craxi. Ripercorrendo la nascita del sistema che andò di fatto a sostituire quello della cosiddetta «congrua», Tremonti ha dichiarato: «difendo l’8×1000 perché è sostentamento del popolo. Anzi. Toglierei il 2×1000 ai partiti e porterei l’8×1000 al 10×1000. La discussione sul nuovo sistema – ha affermato l’ex ministro rievocando il dibattito di allora – ha riguardato solo il sostentamento del clero e il titolo per finanziare un nuovo meccanismo era il riconoscimento del ruolo e della tenuta sociale del parroco. Per fare quello che fa un parroco ci vogliono 5 funzionari pubblici». Tremonti ha poi risposto all’obiezione di chi afferma che, con il sistema dell’8×1000 la Chiesa «ci guadagna due volte: per i voti espressi a suo favore e poi anche per i voti non espressi, ma acquisiti per proiezione dall’espresso sul non espresso». «E’ così scandaloso? E come la mettiamo allora con la nostra legge elettorale che è addirittura premiale, a favore del voto espresso. In campo elettorale la proiezione del non votato a favore del votato c’è. Ma non è considerata come frode elettorale».
L’esigenza di trasparenza. Inevitabile il riferimento alle questioni legate all’uso responsabile dei fondi dell’8×1000, anche alla luce di scandali dal grande risalto mediatico. Un tema affrontato nel secondo giorno dei lavori da don Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei e responsabile dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali. «È consapevolezza ormai acquisita quella di dover rendere conto con chiarezza delle questioni amministrative legate alle nostre realtà ecclesiali. Non si tratta soltanto di gestire i beni in maniera corretta e onesta, ma anche di comunicarlo in maniera lineare e da tutti verificabile».
«La cultura odierna – ha detto don Maffeis – è attraversata da attese ed esigenze sempre maggiori di trasparenza. In un tempo in cui si sono accelerate enormemente l’intensità e la rapidità dell’informazione, grazie allo sviluppo della Rete e dei social network, tale richiesta di trasparenza è diffusa e investe in maniera specifica la Chiesa». Lo è ancora di più nelle questioni che riguardano «sia gli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero, sia la legalità nell’attività economica e finanziaria. Oggi, per quanto attiene alla sfera della moralità e della legalità, è necessario essere pronti e propositivi nel dire la verità. E, del resto, è sotto gli occhi di tutti il forte impegno della Chiesa per un’informazione corretta e obiettiva, attenta a dare ragione delle prese di posizione di vescovi, di linee guida e di normative». Per don Maffeis si tratta di «un banco di prova, che comporta spesso un sofferto cammino di purificazione; è criterio di credibilità, per cui bisogna essere in grado di non avere nulla da nascondere, forti di una testimonianza che si qualifica per il rigore, la coerenza, il rifiuto di ogni ipocrisia e doppiezza.
Perché, se è pur vero che dobbiamo stare attenti a non trasformare la stessa trasparenza in un assoluto, attorno a questioni morali ed economiche un senso di nascondimento non si può giustificare in alcun modo: va superato senza esitazioni». In questo ambito Matteo Calabresi, responsabile del Servizio promozione sostegno economico alla Chiesa cattolica, ha espresso soddisfazione per la «recente pubblicazione al Consiglio episcopale permanente di poco meno di un mese fa dei criteri di chiarezza e trasparenza in ambito economico necessari per tutte quelle realtà che richiedono il sostegno dei fondi dell’8×1000». Da Calabresi anche la sottolineatura dei «benefici di una regolamentazione più chiara e trasparente e soprattutto della corresponsabilità che tutti i percettori dei fondi dovranno dimostrare anche comunicando la provenienza dei fondi stessi».