Cultura & Società
80 anni fa lo sbarco in Normandia, cambiò la storia
Intervista allo storico Agostino Giovagnoli, ordinario di Storia contemporanea presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, per capire l’importanza di quel giorno e le diverse ripercussioni storiche che ha avuto nel tempo
5mila navi, 13 mila aerei, 2 milioni di uomini, 3500 caduti durante le prime ore di sbarco. Questi alcuni dei numeri che hanno caratterizzato lo sbarco in Normandia, nome in codice Operazione Overlord, la campagna militare che ha cambiato il corso della Seconda Guerra mondiale e il destino dell’intera Europa, e di cui oggi ricorrono gli 80 anni. Era infatti il 6 giugno 1944 quando gli Alleati diedero il via alla più grande operazione militare di tutti i tempi, che però prese il suo avvio il 14 gennaio 1943, quando iniziò la Conferenza di Casablanca in Marocco, dove per dodici giorni gli Alleati parlarono per la prima volta, in termini ufficiali, di un piano di liberazione dell’Europa nord-occidentale. A ottant’anni dal que giorno, il D-Day, che segnò l’inizio della fine del secondo conflitto mondiale, il Sir ha incontrato lo storico Agostino Giovagnoli, ordinario di Storia contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, per capire l’importanza di quel giorno e le diverse ripercussioni storiche che ha avuto nel tempo.
Professore, cosa ha significato quel giorno per la storia?
Lo sbarco in Normandia è stato la principale operazione militare nonché la più importante, perché ha deciso le sorti della seconda guerra mondiale e della storia. Questa operazione era in programma fin dal 1941, ma aveva incontrato molte perplessità soprattutto da parte degli inglesi, mentre gli americani insistevano affinché si realizzasse al più presto, anche perché si temeva che il fronte orientale – quello dello scontro tra Germania e Unione sovietica – non reggesse. In realtà, i sovietici, al prezzo di grandissime perdite (20 milioni di uomini) riuscirono a mantenere le posizioni anche grazie alla cosiddetta Battaglia di Stalingrado. Così, nel gennaio 1943 a Casablanca venne presa la decisione di agire, anche se poi lo sbarco fu realizzato nel giugno 1944, il D-Day. Lo sbarco causò molte perdite ma fu decisivo per il successo contro i tedeschi.
A ottant’anni da quel giorni si ha la percezione che non si dia il giusto valore storico a eventi di questo genere, così importanti per il mondo di oggi
Purtroppo c’è il rischio di dimenticare questi eventi così importanti, perché si tende a vivere il presente senza fare memoria delle grandi lezioni della storia, come quella della Seconda guerra mondiale. Una lezione terribile, non è mai avvenuta una tragedia come questa. %0 milioni di morti, di cui sei milioni di ebrei. Questa memoria è fondamentale, perché poi alla fine la pace nasce proprio da questo: quando i popoli hanno ben presente cosa vuol dire la tragedia di una guerra, soprattutto nel mondo attuale dove è possibile fare guerra con i mezzi più terribili. Per questo è molto importante ricordare questa battaglia che costò moltissimo in termini di sacrificio umano, ma fu decisiva sulla strada per la pace. Bisogna quindi ricordarsi che non si deve mai puntare alla guerra, ma anche considerare ciò che è necessario in previsione di un futuro di pace.
Con i venti di guerra che da più di due anni spirano da Est, oggi sarebbe possibile una situazione analoga a quella di ottant’anni fa?
La situazione oggi è molto diversa. Quella azione militare fu fatta interamente dagli Alleati occidentali e in un contesto di alleanza con l’Unione sovietica. Questo è stato un fatto militare e politico di grandissima importanza, perché non dobbiamo dimenticare che le fondamenta della pace dopo la Seconda guerra mondiale furono imposte proprio da questa alleanza trasversale contro l’invasione nazifascista. Nonostante sistemi politici molto diversi la guerra e stata vinta dagli Alleati, così come la pace è stata vinta per molti decenni. Oggi purtroppo questo è venuto meno, cioè la capacità di intesa fra Occidente e la Russia. Questa è la grande differenza ed è anche il motivo per il quale è tornata la guerra in Europa. In prospettiva, non ci può essere pace in Europa se non ci sarà di nuovo una capacità d’intesa fra questi mondi che restano molto diversi.