Opinioni & Commenti
4 ottobre: Francesco, il santo proiettato nel futuro
di Franco Cardini
Non è più tempo né di ambiguità, né di falsi unanimismi. Come al solito, si torna a parlare ogni anno, con l’arrivo del 4 ottobre, dell’attualità di Francesco. Un santo simpatico che parla con i lupi e gli uccellini, che è aperto al rispetto per la natura, che dà prova anche di voler comunicare con «l’Altro» e difatti incontra il sultano. Un santo simpatico, cui vengono spesso dedicati films e sceneggiati televisivi.
Non è un fenomeno nuovo. In effetti, non piacere a nessuno è una bella disgrazia. Ma piacere sempre a tutti può essere ancora peggio: quantomeno, è quasi certamente sintomo di qualche malinteso. In passato, abbiamo assistito ovviamente a un Franceso cattolico, ma anche quasi «protestante» (tale era il suo primo grande biografo moderno, il Sabatier, allievo del Renan) e in seguito socialista e fascista: «Il più santo degli italiani, il più italiano dei santi» secondo la definizione mussoliniana. C’è stato un Francesco ghandiano, anche perché il Mahatma lo ammirava. Ora assistiamo a un Francesco pacifista, o «verde», o naturista-animalista, magari parabuddhista e new age. Non c’è dubbio che ciascuno dei fautori presenti e passati di questi tentativi di appropriazione francescana avesse alcune ragioni.
Solo che si tratta di «ragioni» fondate sull’estrapolazione di questo o di quel carattere del povero d’Assisi, magari testimoniato da fonti superficialmente o unilateralmente presentate. L’operazione non è soltanto antifilologica: è moralmente e spiritualmente indebita.
Il nucleo del messaggio di Francesco sta da una parte nell’accettazione incondizionata della volontà di Dio, da un’altra nell’amore assoluto per il Cristo-Dio che comporta quello totale per tutti gli esseri umani in quanto creati a Sua immagine e redenti dalla Sua Passione, da un’altra ancora nella rinunzia proprio nel nome della volontà di seguire in tutto il Cristo povero e nudo sulla croce a qualunque forma di potenza: non solo nell’accettazione della povertà, in quanto la ricchezza è a sua volta un mezzo di potenza, ma anche alla scienza e alla conoscenza. Una radicale rinunzia a qualunque mezzo di affermazione di sé nel nome dell’annullamento nel Cristo; e quindi dell’unica affermazione della volontà di servire, attraverso la testimonianza della fede, la carità, la preghiera, il lavoro manuale.
Ma comprendere tutto ciò comporta anche la comprensione del carattere antimoderno della testimonianza francescana. Proprio secondo l’interpretazione di colui che ne è oggi il principale interprete, Zygmunt Baumann, la Modernità iniziata nel secolo XVI e culminata nel corso del Novecento quel che egli denomina «Modernità solida» è caratterizzata anzitutto dall’individualismo assoluto e dalla volontà di potenza individuale. La Modernità, con il suo culto dell’Io, della ricchezza, della scienza e della tecnologia, è la negazione dello spirito francescano. Ma secondo Baumann stiamo ormai entrando nella «Modernità liquida», cioè nel Postmoderno, caratterizzato da una reazione a quelli che sono stati i parametri della Modernità precedente: a cominciare dal primato dell’individualismo.
In questo senso Francesco è non solo attuale, ma proiettato nel futuro. Non è un santo per tutte le stagioni. È il santo del ritorno alla carità, alla solidarietà, allo spirito di sacrificio dettato dall’amore. È il santo del tempo nel quale, nella Chiesa cattolica e fuori di essa, si dovrà capire che Teresa di Calcutta è stata più importante di Einstein, che la finanza tradisce ma i poveri no, che l’amore è più forte nell’energia nucleare. Se non lo capiremo, ci perderemo tutti. Se ci salveremo, la salvezza sarà nel nome di Francesco e di Teresa. Nel nome del Cristo.