Troppo giovane per affrontare una gravidanza, non per affrontare un aborto. Martina non aveva avuto alcun problema per ottenere lautorizzazione allinterruzione volontaria di gravidanza. Diciassette anni appena compiuti sono unottima ragione per spegnere una vita. I parenti, gli amici, il suo «lui», tutti si erano prodigati per spiegarle che quellincidente avrebbe condizionato la sua esistenza e che lei aveva il «diritto» di riprendere possesso della sua vita. Eppure più si avvicinava il giorno fatidico, più lincertezza aumentava: «Se solo sapessi cosa fare, se solo qualcuno mi aiutasse!». Unamica le parlò del Centro di aiuto alla vita. Una telefonata, un appuntamento, un colloquio. Martina fu ascoltata, consigliata, aiutata e «lincidente» diventò un dono della vita, un dono di Dio. Oggi, quando Martina guarda la piccola Aurora tentare i primi passi o la sente balbettare «mamma» vorrebbe dire a chi si trovasse nelle sue stesse condizioni di allora: «Chiedete aiuto prima di prendere una decisione che, vi piaccia o no, segnerà tutta la vostra vita. Un figlio con la sua presenza o, peggio, con la sua assenza, cambia per sempre la vita di sua madre».Quando Assunta si accorse di essere incinta del suo terzo figlio ebbe un moto di disperazione. La sua seconda figlia aveva meno di un anno e le condizioni della famiglia non erano affatto floride. Conosceva il Centro aiuto alla vita, che laveva seguita durante tutta la seconda gravidanza, ma ora si vergognava a tornare in quelle condizioni: «Che figura ci faccio, chissà cosa mi diranno!». Non le dissero niente e ora Giovanni, arrivato dopo due splendide sorelline, è ladorato piccolo despota di tutta la famiglia.«Da venticinque anni – ci dice il presidente del Centro, professor Massimo Ermini – ci battiamo per la difesa della vita, aiutando le gestanti in difficoltà durante la gravidanza e i primi dodici mesi di vita del bambino». «Alla nostra sede – gli fa eco Giuseppe Mazzotta, coordinatore del Movimento per la vita – si rivolgono donne italiane e straniere presentando il loro caso. Il primo colloquio serve ad individuare le condizioni in cui si trova la gestante: cioè chi e cosa la sollecita ad abortire. Poi si individuano le prospettive per uscire da questa situazione».Il Movimento per la vita promuove ormai da anni il progetto Gemma: «Si tratta di una sorta di adozione a distanza della madre e del bimbo per un periodo di 18 mesi – spiega Ermini – Con 160 euro mensili una persona o un gruppo di persone possono sostenere una gestante in difficoltà».E mentre arriva il contributo economico, il Centro attiva intorno alla gestante una rete di relazioni e servizi che aiutano la donna a superare la paura della gravidanza: consulenza legale, visite ginecologiche, corsi di puericultura.In 25 anni – grazie al Movimento ed al Centro di aiuto alla vita – sono nati a Pisa 2900 bambini, che altrimenti non avrebbero mai visto la luce. E solo lo scorso anno con il «progetto Gemma» sono stati evitati 521 aborti. Un lavoro immane, che richiederebbe un numero maggiore di volontari.Che ne è stato della contrastata proposta di inserire i volontari del Centro nei consultori pubblici? «Siamo stati accusati di azioni contro la Costituzione, di limitare la libertà personale degli individui, come se laborto fosse sinonimo di libertà e non di disperazione. Nessuno, al momento, ci ha chiamato a collaborare nei consultori pubblici».«La necessità più urgente, in questo momento, a Pisa – ci dice Cecilia Cardella, responsabile del Centro – è trovare unaccoglienza per le madri e spesso per lintero nucleo familiare che non accetta quasi mai di essere diviso. Spesso il problema principale è proprio un tetto: a Pisa non esiste una casa di accoglienza per gestanti e i tentativi del Centro di metterne in piedi una si sono arenati per mancanza di fondi. Anche quando, come è avvenuto nella parrocchia di Gello, ci viene data la disponibilità di un immobile, per quanto malandato, poi ci scontriamo con limpossibilità di far fronte alle spese di ristrutturazione».Il Centro di aiuto alla vita di Pisa ha sede in via Diotisalvi 11 ed è aperto per quatto giorni alla settimana, martedì e giovedì mattina e il lunedì e mercoledì pomeriggio.«Gli ultimi arrivati alla nostra sede, una coppia di genitori: a casa avevano già due figli, avevano difficoltà ad accettare il terzo. Il sostegno del Centro di aiuto alla vita li ha convinti a portare avanti la gravidanza». Padre Fedele Brizzi, cappuccino pontederese, ricorda ogni incontro degli operatori del Centro di aiuto alla vita di Pontedera: le due mamme sostenute grazie al progetto «Gemma», le tante famiglie aiutate grazie alla solidarietà della gente che partecipa alla vita della comunità francescana. Il Centro ha sede proprio nelle strutture dei cappuccini ed offre assistenza morale, psicologica, legale e materiale ai nascituri, ai neonati, ai loro genitori. Serve tutta la Versilia il Centro di aiuto alla vita di Valdicastello. Il Centro ha sede nei locali dellex asilo parrocchiale, che apre le sue porte alle gestanti in difficoltà nei pomeriggi di martedì, di mercoledì e di venerdì. Presidente del sodalizio è Luciana Conti. «Da noi – dice una operatrice – arrivano decine di gestanti: marocchine, rumene, polacche, ma anche italiane. Cerchiamo di non farle abortire, rimuovendo le cause che le avrebbero portate a questa scelta».Unaltra casa accogliente, dove ci si sente in famiglia e dove per periodi anche lunghi le neomamme trovano un po di tutto: latte e pannolini, carrozzine e lettini, e poi pappe, minestrine, omogeneizzati.