Italia
1955: così il Primo Maggio è diventato una festa cristiana
La decisione non fu presa per creare una ricorrenza alternativa a quella laica. Lo scopo fondamentale era quello di introdurre una prospettiva religiosa in una giornata la cui origine risaliva alle manifestazioni del primo maggio 1890, giorno in cui i lavoratori di vari Paesi chiesero, per la prima volta, la riduzione dell’orario di lavoro ad otto ore.
Pur essendo assai antico il legame tra san Giuseppe e il lavoro, soltanto nel 1937, con l’enciclica «Divini Redemptoris», di Pio XI se ne precisano i contorni e gli orizzonti teologici. San Giuseppe viene indicato da papa Ratti, proprio al termine dell’importante documento pontificio, come «patrono e modello dei lavoratori» (n. 81) essendo stato egli stesso un operaio, ad avendo fatto, in prima persona «l’esperienza della povertà».
Nella storica allocuzione che Pio XII rivolse alla folla riunita a in Piazza San Pietro quel primo maggio del 1955 furono ripresi alcuni temi della enciclica «Divini Redemptoris» e San Giuseppe venne indicato come «esempio da imitare». «L’Osservatore Romano» ne dava così notizia: «La presenza di Cristo e della Chiesa nel mondo operaio. Il 1° Maggio solennità cristiana» ed annotava come «in questo giorno il sagrato della Basilica di San Pietro fosse invaso da trattori e barche, aratri e frutti della terra, prodotti dell’industria e lampade di minatori».
Le foto dell’epoca presentano un colpo d’occhio straordinario: piazza San Pietro era gremita e la folla, riempita anche piazza Pio XI, debordava lungo il corso di via della Conciliazione. Nel primo maggio 1965 Paolo VI ricordando i dieci anni dalla festa, motivava su un piano squisitamente teologico la decisione presa dal suo predecessore di porre un forte sigillo cristiano su una festa che aveva trovato altrove i suoi natali. In particolare ebbe a scrivere che «il genio teologico cristiano scopre in ogni manifestazione autentica della vita un campo sempre possibile e quasi predisposto all’economia dell’Incarnazione, alla penetrazione del divino nell’umano, all’infusione redentrice e sublimante della grazia».