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1955: così il Primo Maggio è diventato una festa cristiana

di Renato BruschiEra il primo maggio del 1955 quando papa Pio XII propose ufficialmente la figura di san Giuseppe come modello per tutti i lavoratori introducendo la novità nel calendario della Chiesa della «doppia festa» per uno stesso santo. Mentre infatti il 19 marzo si festeggia la «paternità» di Giuseppe il primo maggio lo si celebra in quanto artigiano e «opifex».

La decisione non fu presa per creare una ricorrenza alternativa a quella laica. Lo scopo fondamentale era quello di introdurre una prospettiva religiosa in una giornata la cui origine risaliva alle manifestazioni del primo maggio 1890, giorno in cui i lavoratori di vari Paesi chiesero, per la prima volta, la riduzione dell’orario di lavoro ad otto ore.

Pur essendo assai antico il legame tra san Giuseppe e il lavoro, soltanto nel 1937, con l’enciclica «Divini Redemptoris», di Pio XI se ne precisano i contorni e gli orizzonti teologici. San Giuseppe viene indicato da papa Ratti, proprio al termine dell’importante documento pontificio, come «patrono e modello dei lavoratori» (n. 81) essendo stato egli stesso un operaio, ad avendo fatto, in prima persona «l’esperienza della povertà».

Nella storica allocuzione che Pio XII rivolse alla folla riunita a in Piazza San Pietro quel primo maggio del 1955 furono ripresi alcuni temi della enciclica «Divini Redemptoris» e San Giuseppe venne indicato come «esempio da imitare». «L’Osservatore Romano» ne dava così notizia: «La presenza di Cristo e della Chiesa nel mondo operaio. Il 1° Maggio solennità cristiana» ed annotava come «in questo giorno il sagrato della Basilica di San Pietro fosse invaso da trattori e barche, aratri e frutti della terra, prodotti dell’industria e lampade di minatori».

Le foto dell’epoca presentano un colpo d’occhio straordinario: piazza San Pietro era gremita e la folla, riempita anche piazza Pio XI, debordava lungo il corso di via della Conciliazione. Nel primo maggio 1965 Paolo VI ricordando i dieci anni dalla festa, motivava su un piano squisitamente teologico la decisione presa dal suo predecessore di porre un forte sigillo cristiano su una festa che aveva trovato altrove i suoi natali. In particolare ebbe a scrivere che «il genio teologico cristiano scopre in ogni manifestazione autentica della vita un campo sempre possibile e quasi predisposto all’economia dell’Incarnazione, alla penetrazione del divino nell’umano, all’infusione redentrice e sublimante della grazia».

La curiositàIl padre «terreno» di Gesùha doppio spazio in calendarioPer trovare i primi accenni a un culto pubblico ufficiale diffuso di San Giuseppe dobbiamo arrivare all’XI secolo. La data del 19 marzo, come propria di una memoria liturgica di san Giuseppe, è segnalata per la prima volta in un martirologio dell’VIII secolo, originario probabilmente della Francia settentrionale o del Belgio. Il motivo della scelta di questa data ci è sconosciuto. Qualche studioso la riconduce a una festa che si celebrava a Roma in onore della dea Minerva e che era assegnata proprio al 19 marzo. Tale ricorrenza, a Roma, era la festa di tutti gli «artifices», una specie di grande festa operaia, quasi un’anticipazione del nostro 1° maggio.