Vita Chiesa
17 agosto: le catechesi dei vescovi
MONS. BOU-JAOUDÈ (LIBANO) SALDI NELLA FEDE PER NON EMIGRARE
(Madrid, dai nostri inviati) – Solo se restiamo saldi nella fede e radicati in Cristo riusciremo a restare nelle nostre terre e rispondere alla nostra vocazione. Ha richiamato il tema della Gmg, mons. Georges Bou-Jaoudé, arcivescovo maronita di Tripoli (Libano) nella sua catechesi ai giovani arabi cristiani tenuta stamattina nella chiesa di san Jeronimo el Real. Parlando a centinaia di giovani assiepati nella navate e nelle cappelle laterali, in larga maggioranza iracheni, libanesi, egiziani e siriani, l’arcivescovo ha ricordato che viviamo in una società in grande movimento e per non essere trascinati in questo vortice dobbiamo restare saldi nella fede in Cristo. Non possiamo accettare una società che usa e getta la vita, la giustizia, il diritto, il bene comune, valori fondanti per ogni persona. Riferendosi alla situazione mediorientale l’arcivescovo maronita ha ricordato che solo restando saldi nella fede in Gesù che si possono superare le difficoltà sociali, economiche, religiose e quindi restare nella nostra terra, dove abitiamo ben prima dell’Islam.
L’ostacolo per i cristiani, soprattutto quelli più giovani, non è solo la situazione di conflitto e di incertezza politica che attraversa molti paesi mediorientali ma anche il secolarismo ed il relativismo che sta influenzando le nuove generazioni arabe veicolati dalla televisione, da internet, dai giornali. Bisogna fare attenzione ha detto a non farsi trascinare in questo vortice ma riuscire a leggere le potenzialità positive che i media e la rete offrono ed utilizzarle per promuovere una visione più giusta e solidale della nostra società. Parlando al SIR, a margine della situazione mediorientale, il presule ha riferito che in alcuni paesi della regione i cristiani ancora vivono in una situazione di relativa calma come in Giordania, Siria e Libano, dove la persecuzione non si sente come in Iraq. Tuttavia ha aggiunto è necessario che anche i cristiani rafforzino i vincoli di unità tra loro per poter dialogare a pieno con l’Islam col quale esiste già un dialogo di vita che va implementato. E è proprio questo il significato più profondo della nostra presenza a Madrid. I nostri giovani arabi cristiani testimoniano che il dialogo.
CARD. BAGNASCO, NON SIATE NAUFRAGHI DELLA VITA
L’invito ai giovani a non essere dei vagabondi senza casa e senza terra, naufraghi della vita, che vivono alla giornata come viene, per i quali ciò che conta è quanto sta loro davanti momento per momento. Ed una proposta: trovare in Dio la risposta ai grandi interrogativi che emergono dal cuore stesso dell’uomo. Una catechesi importante quella pronunciata questa mattina a Madrid dal card. Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, per i giovani di lingua italiana. Il cardinale è partito ponendosi la domanda se è ancora possibile credere, immersi come siamo in una mentalità scientista e tecnologica, dove sembra che la realtà coincida solo con ciò che si può vedere e toccare, sperimentare. Sono domande non astratte ha aggiunto – che entrano nella carne di ciascuno, e dalle quali sempre meno potremo sfuggire vivendo in un mondo globalizzato e in una società multiculturale. Citando autori come Quasimodo e Camus, il cardinale ha detto: L’uomo non solo vuole vivere, ma vuole sapere: vuole conoscere il mondo, ma anche il perché e il significato del mondo, e, innanzitutto, di se stesso. L’esperienza insegna che vivere non è consumare delle cose e del tempo, non è un calendario di giorni, ma è un intreccio di significati, un orizzonte di senso. È conoscere non solo gli scopi immediati delle nostre azioni e delle scelte particolari, ma il fine ultimo dell’esistenza, è rispondere alla domanda che vibra dentro ciascuno: perché, per che cosa vivo?.
Il cardinale ha quindi proposto ai giovani pellegrini di Madrid di puntare a Dio. Dio ha detto – si presenta all’uomo come la risposta al suo essere paradosso di miseria e di grandezza, posto com’è sulla linea di confine tra finitezza e infinito, tempo ed eternità. Non è una proposta fondata sul nulla perché se ascoltiamo le voci profonde del cuore sentiamo che ognuno di noi è una struggente nostalgia, un mendicante di Assoluto, una sinfonia incompiuta. Per questo l’uomo si spiega solo con Dio. A questo punto, il cardinale si lascia andare ad una sua personale esperienza. Quante volte negli innumerevoli campi estivi con i giovani della mia Parrocchia mi sono incantato davanti all’universo… Quante volte, nella solitudine e nel silenzio della notte mi sono piegato per la commozione davanti al cielo stellato e al profilo dei monti. Sì, posso dire con tanti, spero con tutti voi, che ho toccato Dio, ho visto nel buio la Luce: nell’oscurità l’Invisibile mi ha visitato. In Dio dunque trovano risposta i grandi interrogativi che emergono dal cuore stesso dell’uomo. È per questa ragione ha detto Bagnasco – che la Chiesa non potrà mai tacere: essa ha la missione di annunciare Dio. Per questo non possiamo accettare che Dio venga confinato nella sfera individuale come se non avesse nulla a che fare anche con la società degli uomini, come se non c’entrasse con tutto l’uomo, sia nella sfera privata che in quella pubblica, come se non segnasse con la sua presenza ogni dimensione e ambiente.
GIOVANI DI KIRKUK (IRAQ), PREGATE PER IL NOSTRO PAESE!
È l’immagine di Cristo sofferente ma ricco di speranza quello che vogliamo testimoniare qui a Madrid ai giovani di tutto il mondo. Essere qui oggi per noi è una grazia che non deve farci dimenticare la sofferenza del nostro popolo per il quale chiediamo una preghiera. Così Rayan Liws, ingegnere petrolifero di Kirkuk, 28 anni, esprime al SIR i suoi sentimenti e quelli del suo gruppo iracheno, 84 persone di cui 65 da Baghdad e 19 da Kirkuk, sulla Gmg che oggi vive il suo primo giorno di catechesi. Vedere tanti giovani da ogni parte del mondo spiega – per noi è motivo si speranza e di gioia, sappiamo di non essere soli. La gente ci ferma e ci saluta, e l’abbraccio si fa più caloroso quando diciamo che siamo iracheni. Sentiamo di essere nel cuore di tantissimi giovani perché condividiamo la stessa fede in Cristo.
Rayan è felice perché tra oggi e domani dovrebbe nascere il mio primo figlio ma si dice preoccupato per la violenza diffusa nel paese, specialmente a Baghdad. A Kirkuk la situazione è migliore anche se proprio due giorni fa un attentato ha distrutto una chiesa siro-ortodossa senza provocare vittime. Tuttavia afferma convinto dobbiamo lavorare per il nostro Paese, per la sua riconciliazione. Liws non critica i cristiani che hanno abbandonato il Paese, riconosco che non è facile restare in questo momento ma questa è la nostra terra, la nostra casa. Qui siamo chiamati a costruire il nostro futuro dialogando con i nostri fratelli musulmani la maggioranza dei quali è gente pacifica e cordiale.
CARD. PASINYA (CONGO), LA FEDE PRESUPPONE LA TESTIMONIANZA
La fede è il ponte di Dio verso gli uomini. Il cammino della fede non è lo stesso per tutte le persone. Ho l’impressione che Dio si voglia far conoscere da noi, ci viene a cercare nella vita di tutti i giorni. Essere cristiani è un vissuto fortemente personale, però penso sia necessario condividere il mio credere e dargli una forza visibile. Ma non è sempre facile. Affermazioni, domande, osservazioni: i giovani di lingua francese giunti al Palazzo municipale dei congressi di Madrid per le catechesi odierne, intrecciano tra loro e con i vescovi e i cardinali presenti un dialogo animato. Il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, afferma rispondendo alla domanda di un ragazzo: La fede presuppone la testimonianza. La fede ha bisogno di essere trasmessa agli altri. Non può essere tenuta per sé. Poi racconta alcune esperienze della propria vocazione e dei suoi anni di ministero in Africa. Dio ci dà la mano aggiunge non ci abbandona, ci guida nella vita. Il cardinale parla delle virtù teologali, incoraggia i giovani a vivere con tenacia e serenità il vangelo; quindi si pone in ascolto di alcuni canti e torna a confrontarsi con l’uditorio. Racconta della figura di papa Giovanni XXIII, parla della fiducia in Dio, quindi intona un canto, seguito dai giovani presenti.
Le nostre società secolarizzate sono basate su un concetto sbagliato, secondo il quale si più fare senza ciò che è fondamentale, senza Dio. Ma c’è anche un’altra deriva della fede, ancora più pericolosa: il fideismo. Così il vicario per Israele del patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Giacinto-Boulos Marcuuzzo, ha parlato questa mattina nella catechesi tenuta a Las Rozas, nella provincia di Madrid. Tanto i problemi economici che affliggono in questo periodo pure i Paesi sviluppati quanto quei governi che fanno leggi contro la vita nascono da una società secolare, che vuol fare senza la fede. Ma queste leggi ha rilevato il vescovo portano a un vuoto della società e, alla fine, alla disperazione dei giovani. Tuttavia, a fianco del secolarismo, c’è un altro versante altrettanto negativo, quello del fideismo che sfocia nell’integralismo e nel fondamentalismo, ha aggiunto mons. Marcuzzo facendo riferimento alla sua esperienza pastorale. In Giordania ad esempio non c’è un solo ateo: non può esistere, perché lì non si concepisce la vita senza Dio. Il fideismo è l’esasperazione di una fede mal concepita e mal vissuta, ed è alla base dell’integralismo e del fondamentalismo, derive che ha concluso mons. Marcuzzo portano a strumentalizzare la religione per andare contro all’altro, e persino per uccidere il prossimo.
MONS. MARCUZZO, SECOLARISMO E FIDEISMO DERIVE DELLA FEDE
Le nostre società secolarizzate sono basate su un concetto sbagliato, secondo il quale si più fare senza ciò che è fondamentale, senza Dio. Ma c’è anche un’altra deriva della fede, ancora più pericolosa: il fideismo. Così il vicario per Israele del patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Giacinto-Boulos Marcuuzzo, ha parlato questa mattina nella catechesi tenuta a Las Rozas, nella provincia di Madrid. Tanto i problemi economici che affliggono in questo periodo pure i Paesi sviluppati quanto quei governi che fanno leggi contro la vita nascono da una società secolare, che vuol fare senza la fede. Ma queste leggi ha rilevato il vescovo portano a un vuoto della società e, alla fine, alla disperazione dei giovani. Tuttavia, a fianco del secolarismo, c’è un altro versante altrettanto negativo, quello del fideismo che sfocia nell’integralismo e nel fondamentalismo, ha aggiunto mons. Marcuzzo facendo riferimento alla sua esperienza pastorale. In Giordania ad esempio non c’è un solo ateo: non può esistere, perché lì non si concepisce la vita senza Dio. Il fideismo è l’esasperazione di una fede mal concepita e mal vissuta, ed è alla base dell’integralismo e del fondamentalismo, derive che ha concluso mons. Marcuzzo portano a strumentalizzare la religione per andare contro all’altro, e persino per uccidere il prossimo.
DAL CAIRO SERVE UNA RIVOLUZIONE DEI CUORI
Qui siamo tutti uguali!. Nelle parole di Michelle Magdy Shafik e di Christine Nagy Saber, studente di ingegneria il primo ed impiegata presso una multinazionale americana la seconda, entrambi del Cairo, il riflesso della condizione difficile in cui versano molte comunità cristiane in Medio Oriente. Tuttavia dai loro volti traspare la speranza di un futuro migliore affidata anche alla rivoluzione di Gennaio che ha messo l’Egitto sulla strada, irta di ostacoli, verso la democrazia. I due giovani hanno assistito alla prima catechesi della Gmg insieme a circa 200 egiziani, nella chiesa di san Jeronimo el Real dove il SIR li ha incontrati, accompagnati da padre Mikael Ronshdi.
C’è stata una grande protesta e ci sono stati dei cambiamenti affermano i due giovani ma non basta serve un’altra rivoluzione, pacifica, culturale, dei cuori e delle menti. Solo così potremo avere vera democrazia. Ora la situazione per noi cristiani appare migliorata rispetto al passato, quando era più difficile, per esempio, trovare lavoro. Tuttavia non manca la paura per una crescita dell’integralismo islamico. Tra i cristiani c’è chi partecipa attivamente al cambiamento per promuovere le richieste di solidarietà, di giustizia, di diritti ma c’è anche chi per timore resta un po’ nell’ombra. La paura impedisce a molti cristiani di avere un ruolo importante nella costruzione di un paese più democratico. Crediamo che la fede in Cristo e nel Vangelo debba spingerci a prendere posizione per il bene comune. Dobbiamo lavorare molto in questa direzione. Esperienze come la Gmg possono darci coraggio e speranza per un futuro migliore per tutti.
MONS. CROCIATA, IL FONDAMENTO DELLA VITA È IN DIO
Il nostro ritrovarci a Madrid, e questa mattina in questa chiesa, è il segno di una fede in varia misura viva in noi. Lo ha detto, oggi, mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, nella sua catechesi ai giovani italiani. La fede, prima di essere una virtù teologale ha osservato -, è un atteggiamento umano caratteristico, una dimensione costitutiva del nostro essere e della nostra vita. Credere è addirittura una necessità umana, poiché altrimenti non potremmo vivere. Infatti, se scorriamo i vari momenti della nostra giornata facciamo presto ad accorgerci che possiamo condurre la nostra vita, anche nelle cose più minute, perché ci fidiamo, poco o molto, degli altri. Questo tipo di fede umana la struttura delle nostre relazioni personali e sociali; ma è anche la struttura del nostro rapporto con la realtà intera. Naturalmente la nostra fiducia dev’essere sempre critica, cioè capace di vigilare su possibili inganni, falsificazioni, imprevisti; ma essa è pur sempre affidamento alla realtà, convinzione che essa non ci deluderà. Si impone, però, una distinzione: Tra le cose di cui abbiamo bisogno all’interno della nostra vita e il bisogno di sicurezza della nostra persona e della nostra vita nella sua interezza.
Non c’è possibilità di dare solidità alla propria vita – ha osservato mons. Crociata – senza cercare un fondamento ulteriore rispetto alle cose di cui disponiamo e rispetto anche agli altri, da cui pure dipendiamo e con cui siamo legati. E questo fondamento è Dio, che conosciamo attraverso Gesù Cristo. Se così stanno le cose ha affermato il presule -, allora siamo liberi da ogni possibile schiavitù di cose e persone, poiché la sicurezza della nostra vita non ha bisogno di essere cercata nel surrogato di un possesso pur sempre alienabile né in creature finite come noi, il cui riconoscimento e apprezzamento è pur sempre sottoposto alle evenienze imponderabili della revoca improvvisa o semplicemente degli imprevisti esistenziali. Adesso che la vita trova la sua sicurezza e il suo fondamento in Dio posso usare di tutti i beni senza ansia, posso vivere le relazioni con tutti senza aspettare o pretendere una dedizione e un riconoscimento che hanno trovato una realizzazione piena e irrevocabile nell’incontro con Gesù e con il Padre suo e nostro. Il criterio per trovare sicurezza, ma anche per stabilire il giusto rapporto con noi stessi, altri e la realtà adesso è Dio stesso e Gesù che ce lo ha fatto conoscere e ce lo ha donato. Il criterio è la fede, che richiede, come ogni relazione personale, di essere alimentata in un dialogo costante il Signore.