Mondo
11 settembre 2001, un ventennio di guerre e conflitti nel mondo
Il giorno dopo l’undici settembre di venti anni fa Le Monde se ne uscì con un titolo significativo: «Siamo tutti americani». E all’inizio la solidarietà agli Usa per il rogo delle Torri gemelle dove sono morti quasi tremila americani è quasi universale. Perfino governi islamici radicali come quello dell’Arabia Saudita e della Libia condannano l’attentato.
Il giorno dopo l’undici settembre di venti anni fa Le Monde se ne uscì con un titolo significativo: «Siamo tutti americani». E all’inizio la solidarietà agli Usa per il rogo delle Torri gemelle dove sono morti quasi tremila americani è quasi universale. Perfino governi islamici radicali come quello dell’Arabia Saudita e della Libia condannano l’attentato. Ma lo stesso giorno il presidente Bush dice: «L’America è un paese mite, ma quando è attaccato, diventa feroce». Bisogna trovare qualcuno da punire subito. E il primo colpevole è l’Afghanistan accusato di ospitare Osama bin Laden considerato l’organizzatore degli attentasti, anche se bin Laden sarà rintracciato e ucciso nel Pakistan solo dieci anni dopo.
Il 19 dicembre all’unanimità i quindici membri del consiglio di sicurezza dell’Onu autorizzano l’uso della forza contro Kabul. La Nato in prima persona è coinvolta nella guerra. L’attacco alle Torri gemelle è considerato un atto di aggressione a uno dei membri dell’alleanza che in base all’articolo 5 del trattato richiede una risposta comune di tutti gli stati membri. La vecchia struttura immaginata all’inizio come garanzia difensiva nel teatro europeo in caso di aggressione sovietica acquista nuovi compiti sempre più interventisti e sempre più lontani dall’area del Vecchio Continente.
Due anni prima la Nato è intervenuta nella ex-Jugoslavia in nome di un’ingerenza umanitaria dentro una guerra civile. Ora solo interviene compatta anche in Afghanistan in nome della lotta al terrorismo. Gli Stati Uniti inviano 15 mila soldati, il Regno Unito 5200, il Canada 2500, l’Olanda 2200, la Francia 1000. Anche l’Italia aderisce quasi in toto. Il 6 dicembre 2001 la Camera approva l’intervento con 513 voti a favore e 35 contro. Votano sì tutti i maggiori partiti, da Forza Italia di Berlusconi al Pds di Piero Fassino. Votano contro solo Rifondazione comunista, i Comunisti Italiani, i Verdi. L’Italia invia quasi duemila soldati. Di questi,cinquantatre ci lasceranno la vita. Ma l’impegno in Afganistan val bene al di là dei paesi Nato. Perfino paesi musulmani come l’Uzbekistan e il Tagikistan mettono a disposizione dei caccia americani i loro aeroporti.
I talebani sono sconfitti e nel 2004 si tengono nel paese liberato le prime elezioni. La partecipazione è del settanta per cento. Ma nelle elezioni di tre anni dopo vinte ancora dal leader Hamid Karzai con il settanta per cento dei consensi la partecipazione scende al quaranta per cento. I talebani riprendono il controllo di molte zone rurali in cui vive circa il settanta per cento della popolazione per cui quasi nulla è cambiato. La cosiddetta «guerra infinita» volge già verso una brutta fine con la confisca unilaterale dell’epilogo. All’inizio l’intervento era stato deciso dai parlamenti di oltre quaranta stati. Alla fine la decisione di «tutti a casa» è presa solo dalla Casa Bianca.