Cultura & Società
Leggende e proverbi della Pasqua
Festa di allegrezza spirituale, di gioia da condividere con tutti i fratelli in Cristo Salvatore. La sensibilità popolare ha avvertito tutto questo e l’ha tradotto in simboli, metafore, riti, usanze le più diverse nelle varie località. Un elemento è tuttavia costante e si riscontra ovunque il clima e la latitudine si accordino: il collegamento al ridestarsi della vegetazione nel simbolo della vita che si rinnova dopo la morte invernale. Da qui sono stati tolti i vari simboli: il ramo di palma, l’uovo, l’agnello, il nido degli uccelli, la campana che desta chi dorme, i piatti tradizionali.
Un altro corpus di testi che si raccomandano all’oralità sono le piccole leggende che un tempo si ripetevano nel mondo familiare, tra la devozione domestica e la curiosità. Traducono gli eventi della Passione e della Resurrezione nel linguaggio semplice e immaginifico popolare, ma non mancano di grazia e talvolta di penetrante intuizione.
Passati tre giorni e visto che non era accaduto nulla, coloro che avevano fatto crocifiggere il Maestro si ritrovarono a cena per fare festa e rallegrarsi d’aver fatto scomparire un nemico tanto pericoloso.
Quando viene Pasqua le piante sono già nella vegetazione. I termini alta e bassa stanno ad indicare presto o tardi.
Quando è Pasqua bisogna far festa con cucina ricca e abbondante, insieme alle uova sode, che sono il piatto tradizionale di questa festa. Le uova sode venivano un tempo portate a benedire in chiesa il Sabato Santo.
Il clima più frequente che si ha per Pasqua è soleggiato e leggermente umido: con un sole chiaro qualche rovescio di pioggia.
Pasqua di fango, covone pesante.
La Pasqua piovosa porta abbondanza di grano: il covone s’appesantisce per la ricchezza della spiga.
Tra Pasqua e Pasqua non c’è vigilia.
Tra Pasqua di Resurrezione e la Pentecoste non ci sono vigilie di feste nella quali erano obbligatori astinenza e digiuno.
Tanto si parla della Pasqua che alla fine arriva.
Tanto si dice di una cosa, che alla fine accade. Quando si parla di una cosa la si chiama, la si evoca. La Pasqua era un tempo una festa molto attesa perché segnava la fine di un periodo di penuria alimentare e di penitenza.
Vale a dire che ci vuole la penitenza della quaresima, la settimana di Passione, la Domenica delle Palme e infine la pace della confessione e della comunione pasquale. Uno dei precetti della Chiesa impone ai fedeli di confessarsi e comunicarsi almeno a Pasqua.
Qui Pasqua ha il senso di festa. La Pasqua di Fiori è la Domenica delle Palme; la Pasqua di Rose la Pentecoste. I contadini si fanno i vestiti per necessità, quando è freddo; i signori per farsi vedere e ammirare nella grande processione e poi nelle cerimonie della Pasqua, le spose per il matrimonio, per il quale un tempo si sceglieva frequentemente il periodo successivo alla Pasqua.
Chi vuol far Pasqua deve far quaresima.
Chi vuole far festa deve lavorare, darsi da fare; chi vuole raggiungere un fine deve faticare, soffrire.
Ha significato diverso secondo varie scuole: chi vuole sposarsi nel tempo pasquale, cerchi moglie in Quaresima; oppure: chi vuole sposarsi per forza a Pasqua, in Quaresima s’arrangi. Un tempo in molte zone d’Italia si usava combinare i matrimoni durante la Quaresima, soprattutto nelle fiere che si tenevano in tale periodo. Di ciò si occupavano i sensali di matrimoni, i cozzoni, che proponevano i partiti e facevano conoscere i fidanzati.